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Una lezione di dignità: questo è quanto appreso dal nostro gruppo di atleti, lautamente stipendiati, nel corso della sfida casalinga contro il Parma. O almeno ce lo auguriamo, speriamo che abbiano appreso qualcosa, perché in realtà è vivissimo il serio rischio che tutto gli sia già scivolato addosso. Un timore legittimato dalla superficialità che dimostrano puntualmente scendendo in campo dopo clamorose batoste. L’assenza della seppur minima reazione, l’orgoglio isolato nelle zone più nascoste dell’essere e l’ingiustificata mancanza di carattere sono la carta d’identità di questo gruppo, il biglietto da visita che ultimamente lasciano sul campo. Molto confuso anche Roberto Mancini, che parla di rivoluzione solo 24 ore dopo aver attribuito ai suoi il 60% di possibilità di raggiungere l’Europa League. Il tecnico jesino è finito nella centrifuga dei proclami, anzi, a dire il vero ci si è tuffato da solo appena varcato il cancello della Pinetina: “possiamo e dobbiamo lottare per arrivare in Champions” aveva dichiarato a petto gonfio e col suo celebre sorriso. Ai tempi era lo stesso gruppo che ieri ha affrontato il Parma, con Brozovic e Shaqiri in meno. Che Roberto Mancini non conoscesse minimamente questi calciatori prima di divenirne il “comandante”? Strano per un tecnico della sua fama, ma a questo punto bisogna interrogarsi seriamente sull’eventualità. Così abituato a lavorare con calciatori di prima fascia, da non informarsi a sufficienza su atleti meno dotati? Ma purtroppo oggi l’Inter è questa, una squadra priva di campioni e zeppa di buoni e modesti elementi, non riuscire ad adattarsi a tali limiti è una pecca decisamente notevole. É compito dell’allenatore (bravo) riuscire a spingere il proprio gruppo oltre il limite stabilito e Mancini non ci sta riuscendo.
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