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Ecco tutte le dichiarazioni di Walter Mazzarri durante la presentazione del suo libro ad Andria: «Dietro ogni ruolo c'è la persona, c'è il giornalista buono e il giornalista non buono, c'è l'allenatore buono e quello non buono. Oggi c'è tanta concorrenza ed il mio mondo fa parte del mondo dello spettacolo, anche se non vorrei fosse così: preferirei però si giudicasse più la persona che il personaggio. Questo è il mondo dell'apparire, ma io ho iniziato dalla C2 ed io subisco questa cosa, ho fatto l'allenatore perchè mi piaceva, godo nel fare il mio mestiere, anche Ulivieri mi diceva che parlavo troppo, ma lo facevo perchè mi piacevano le domande genuine, non quelle per provocare, come quelle dei bambini e infatti quando sono con loro sono sereno».
PRESSIONE - «Il peso della pressione? Io non voglio pensare che ci sia differenza di pressione da una piazza all'altra, voglio pensare che si faccia bene il proprio lavoro a prescindere. Mettendola così però io posso essere orgoglioso, perchè non sono mai cambiato, ho fatto per primo la difesa a 3, adesso la fa anche Van Gaal e la fanno tanti altri... Potrebbe essere una mia soddisfazione questa, perchè quando ho iniziato eravamo in pochi a farla. Amicizie nel mondo del calcio? Chi è troppo amico di un giocatore prima o poi cade, non è giusto. Io di amicizie vere ne ho pochissime nel mondo del calcio, ognuno ha il suo parametro di amicizia poi, ma io ne ho sempre avuti pochi. Se uno mi piace gli do tutto e pretendo tutto, ma fidarsi per uno come me non è facile. Lo dico sempre ai miei collaboratori: "Ogni giorno dovete guadagnarvi la fiducia". Nel calcio è inutile fare l'amico con uno che è un rivale, perchè uno vuole vincere e vincere è la nostra vita. Io evito, ho rispetto di tutti ruoli ma tutto qui».
CONTE - «Conte? Io con lui ho un bel rapporto, ho il suo numero, poi ora è ct e ha un altro ruolo... Io rispetto il professionista, quando siamo fuori dai ruoli e ci troviamo come persone poi andiamo d'accordo. Le grandi cifre nel calcio? Noi dobbiamo metterci del nostro per divulgare un certo messaggio, ma anche i giornalisti. Oggi tutto fa notizia, bisogna catturare l'attenzione, ma il mio modo di essere è diverso: con i giocatori parlo di certi valori. Certi ruoli comportano certe responsabilità, non è giusto rifiutare i contratti, bisogna andare a monte di certi problemi".
GUARIN - "Allenare giocatori che sembravano ad un passo dall'addio come Guarin? E' un giocatore di un certo livello, se non trova quanto vuole l'Inter non c'è problema. La società ha fatto delle scelte, il ragazzo è rimasto: lui sa cosa io penso di lui, ci parlerò e lui penserà solo all'Inter accettando le mie scelte».
EPOCHE - «Con l'avvento di internet e con i siti noi siamo sempre sotto pressione, ma è tutta una risonanza esagerata, più per il personaggio che per il fatto di allenare l'Inter. Ho vissuto varie epoche e credo di poter dire la mia: io mi sono sempre concentrato sulla squadra, non guardo la società dove sono. Chiaro che l'Inter ha una risonanza mondiale, ma io non mi pongo il problema. Io sono uno di quelli che cerca di avere sempre una sola faccia, dico quello vedo e quello che penso e dico sempre se uno ha sbagliato o fatto bene, se una valutazione per me è sbagliata lo dico. Se si sbaglia, si sbaglia, vale anche per gli arbitri, come per allenatori e giocatori: loro dovrebbero cercare di non sbagliare nè contro una squadra nè contro un'altra».
IL FUTURO - «Dopo l'Inter? L'importante è avere sempre stimoli, questo è un mestiere che usura molto, nel calcio moderno l'allenatore deve gestire pressioni esterne e pressioni interne, come i giocatori e i presidenti, questo è un lavoro usurante e dopo dieci-quindici anni non ce la fai più a tenere quella concentrazione e quella adrenalina di una volta. Io ho ancora stimoli e ho ancora voglia. La Nazionale? Ora no, ho voglia di allenare i miei giocatori per adesso e voglio fare sempre meglio. Se mi sarà data l'opportunità di avere una squadra di un certo tipo spero di riuscirci». Prosegue: «Gli stranieri in Italia? Non è un problema di oggi. Se vogliamo tornare a essere competitivi dobbiamo creare bravi istruttori nel settore giovanile ed essere meno esterofili avendo il coraggio di mettere i giocatori migliori. Contro il Torino giocavano quattro giovani nell'Inter, ma ci vuole pazienza e tempo per tornare a certi livelli: ci vuole equilibrio da parte dei giornalisti anche, non vanno bruciati i ragazzi dopo la prima partita giocata. Noi italiani siamo molto più critici con gli italiani e questa mentalità va cambiata».
LA BIOGRAFIA - «Il libro? Dopo averci pensato mi piaceva la proposta, io ho puntato tutto sulla carriera trascurando altre cose... Da piccolo ero vicino a mio figlio, poi ho fatto delle scelte anche per lui. Ho cambiato spesso città e ho scelto di lasciarlo dov'era per dargli una vita tranquilla, ma mi è mancato. Quando è uscito il libro era vicino alla maggiore età e ho pensato fosse giusto spiegargli così certe cose, magari un giorno lo leggerà a capirà certe scelte».
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