- Squadra
- Calciomercato
- Coppa Italia
- Video
- Social
- Redazione
twinter
Sul 3 a 3 del Celtic si è seduto sconsolato in panchina, con un sorriso amaro, scuoteva la testa. Non ci voleva credere. Come tutti gli interisti davanti all'ennesima follia dell'Inter. Roberto Mancini però lo sa, quella nerazzurra non è una squadra normale, non è come le altre e lui ha le prove. Perché a Milano ha già vissuto una prima vita. La seconda è cominciata qualche mese fa. Forse non ci avrebbe creduto se gli avessero detto che un giorno sarebbe tornato sulla stessa panchina, però lo ha fatto: ha sposato un progetto che non è certo una passeggiata di salute, ma questo sembra non spaventarlo. Ci mette sempre tanta fiducia, ci sta mettendo la faccia e il sorriso, la serenità che l'ambiente interista aveva perso da un po'. Di lui abbiamo parlato con Alfio Musmarra, giornalista di TeleLombardia, che segue quotidianamente l'Inter e ha seguito il mister anche nella sua precedente esperienza milanese. Ecco cosa ci ha raccontato:
- Ciao Alfio, cominciamo dalla fine. Dal 3 a 3 dell'Inter con il Celtic. Che risultato è?
Secondo me un buon risultato considerato che all'Inter c'è un nuovo allenatore da novembre e considerato come la squadra era abituata a giocare. Ieri, per i primi 25 minuti è stato calcio spettacolo. Si è cercato di fare subito gioco e di dare un’impronta fortissima alla partita, sono rimasto ben impressionato. Poi ci sono anche però i problemi della retroguardia: è un dramma, ogni pallone che passa in difesa arriva in porta. C’è anche una dose di sfortuna: ad ogni errore si incassa un gol al 99%, è un problema tattico certo, ma non solo quello.
- Mancini sul 3 a 3 sembrava molto dispiaciuto, poi ha sfoderato il suo sorriso per dire che comunque è un bicchiere mezzo pieno…
Già prima di prendere il secondo gol continuava a ripetere in tutti i modi a Kuzmanovic che stavamo rischiando, che doveva fare attenzione sulla fascia e abbiamo preso gol proprio da quella parte. Quando si cambia modulo e mentalità c'è un periodo di assestamento e ci sta che ci siano degli errori. Ma i giocatori devono stare attenti alle consegne dell’allenatore, altrimenti diventa un problema e appena sbagli ti segnano.
- Il mister continua a dire che questa squadra è ancora lontana dalla sua idea di calcio, ma che è sulla buona strada. Cosa serve perché sia veramente l’Inter di Mancini?
"Noto ogni tanto delle analogie con l’anno della pariggite. A Mancini piovono critiche addosso da ogni dove. E non è facile fare bene soprattutto quando la rosa non è tua e non è abituata a giocare come vuoi tu, né tatticamente né mentalmente. L’Inter di Mazzarri, massimo rispetto nei suoi confronti, giocava in maniera difensivista, era una squadra votata più alla difesa che all'attacco. Mancio sta cercando di far fare a questi giocatori un salto di qualità, vuole che si giochi fuori casa come si gioca in casa, vuole cercare di vincere anche a costo di rischiare di prendere gol. Ieri è stata un'ottima partita se togliamo gli errori della difesa che al momento non sembra adatta per il gioco di Mancini. Il mister non ha a disposizione calciatori che si adattano perfettamente al suo modulo. Anche gli esterni: Santon sta facendo la differenza e non giocava da mesi in Inghilterra. Serviva anche un altro attaccante perché al momento c'è solo Icardi anche per l'EL. E Palacio, anche se ha segnato due gol, è a mezzo servizio e si vede".
- Insomma, la fase difensiva è da registrare...
"Si vuole buttare la croce addosso a Ranocchia, ma Andrea sta giocando non in perfette condizioni. Ovviamente il problema non è solo lui. Dietro si balla troppo. Ma ritengo che la coppia dei centrali nerazzurri non sia inferiore tecnicamente ad altre coppie come quelle di Juve, Roma, Lazio. Credo sia una questione di squadra, di certezze che devono essere recuperate. Ranocchia e Juan non mi sembrano così scarsi: serve pazienza da parte dei tifosi, spesso sono stati massacrati dei giocatori che quando venivano ceduti riuscivano a fare meglio da altre parti e poi si dava la colpa alla società. Serve calma e pazienza, da questo momento si uscirà. La squadra, evidentemente, fatica a recepire i movimenti della difesa a quattro. E' diverso che giocare a cinque, ma anche i centrocampisti devono dare una mano in più. Quando il momento non è positivo poi, vedi anche Kovacic che entra e anziché essere decisivo per l'Inter fa un assist all'avversario che puntualmente segna. Gira così e quando ci sono questi periodi c’è poco da fare, bisogna guardare comunque avanti. 3 a 3 fuori casa non è una sconfitta, vedo troppo pessimismo, mi sembra esagerato perché secondo me dal punto di vista del gioco questa squadra sta cambiando pelle e serve tutto il sostegno dei tifosi soprattutto adesso".
- Chi ha seguito come te il Mancio nella sua prima avventura all’Inter ci dice che è molto cambiato. Anche tu la pensi così?
"Mancini si è sempre comportato bene nei confronti dei tifosi. A Riscone di Brunico era sempre disponibile, anche durante le amichevoli si faceva dare le macchine fotografiche e scattava le foto per loro. Si, è cambiato: è diventato più riflessivo. L'esperienza in Inghilterra e anche quella con il Galatasaray lo hanno cambiato. La prima volta che è arrivato a Milano era ancora molto giocatore, si diceva, e spesso lo dicevano per criticarlo. Adesso è passato del tempo, ha 50 anni anche se non credo gli piacca che venga ricordato, e l'inesorabile passare del tempo lo ha fatto diventare un manager vero. Quello che sta facendo, in così poco tempo, è fuori discussione. Sta cercando di rivoluzionare l'Inter, di darle un'altra mentalità. Lui è il primo a sapere che il meglio è ancora lontano, lo diceva dopo le vittorie figuriamoci adesso, sa che c'è un grosso lavoro da fare, ma ci sono dei punti fermi da cui si sta ripartendo".
- Credi che a fine anno resterà per aprire un ciclo, magari vincente come quello che ha aperto la prima volta che è stato a Milano, o credi che lascerà l'Inter?
"Non è qui per traghettare, non ho questa sensazione. Se è venuto è, al di là del fatto che è legato ai colori nerazzurri che per lui sono una seconda pelle e mi piacerebbe lo dicesse prima o poi perché è la verità, è per restare. Andrebbe via solo se a giugno gli dicessero che non ci sono i mezzi per continuare a ricostruire. Se cambiano le carte in tavole rispetto al progetto, non ho però la sensazione che voglia andarsene. Per lui è stata una grandissima scommessa tornare, ripartire da zero: ricreare una struttura per vincere è una grossa sfida e gli piace questo nuovo percorso. Probabilmente adesso, rispetto a prima, quando aveva avuto qualche difficoltà, ha anche più liberta di movimento per quanto riguarda gli acquisti. Riesce ad indirizzare la società su determinati giocatori, c'è una grande sintonia con chi fa mercato, con i dirigenti e la sua maturazione può essere positiva per tutto l'ambiente. Anche i giocatori sono più sereni, convinti dei propri mezzi. Credo per ripartire non ci fosse scelta migliore da fare".
SI RINGRAZIA ALFIO MUSMARRA PER LA GENTILEZZA E LA DISPONIBILITA'.
La riproduzione anche di una parte dell'articolo è consentita solo con citazione della fonte fcinter1908.it. I trasgressori saranno puniti a norma di legge.
© RIPRODUZIONE RISERVATA