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Bellissima intervista dedicata dal quotidiano francese l'Équipe sull'edizione odierna al capitano dell'Inter Javier Zanetti.
Arriva nella sala stampa del Centro di allenamento Angelo Moratti, scortato dal suo giovane compagno Saphir Taider che avverte: «Nessuno tocchi Pupi!». Pupi è Javier Zanetti, 40 anni, 605 partite di Serie A con la maglia nerazzurra, icona del club lombardo e modello di longevità, il suo percorso forza il rispetto. Come il suo ritorno improbabile sul campo, il 9 novembre contro il Livorno, meno di 7 mesi dopo la rottura del tendine d'Achille sinistro, che poteva segnare la fine della sua carriera: “Avevo solo bisogno di cambiare le gomme" ha detto Zanetti.
Come si sente con le gomme nuove?(Sorride) Molto bene, sono tornato abbastanza presto, lo staff medico e il preparatore fisico hanno fatto un lavoro straordinario, credo anche che la natura mi abbia un po' aiutato.
Ha mai avuto paura di non tornare più sui campi?No, mai avuto dubbi, avevo solo in testa di prendere il tempo necessario per tornare nel modo giusto, anche nelle ore successive al mio infortunio, non ho avuto paura.
Durante la convalescenza, qual è stata la fonte della sua motivazione?La voglia di non finire la carriera in questo modo. E quella anche di poter tornare a giocare con i miei compagni per disputare almeno un incontro. Ora posso dire che sono tranquillo, dato che ci sono riuscito. Ora tutto ciò che verrà in più nella mia carriera sarà un bonus.
Qual è il segreto della sua longevità e qual è il suo obiettivo oggi?La passione, la cultura del lavoro e l'amore che provo per questa professione, ecco i miei segreti. E oggi ho l'ambizione di essere ancora utile, di essere una soluzione supplementare per la mia squadra.
Il suo stile di vita ha sicuramente influito in tutto ciò. È possibile per un giovane calciatore di avere il vostro stesso stile di vita?Credo di sì, ma dipende dalle sue aspirazioni. Ho detto ciò che ha guidato la mia carriera, ma ci sono talmente tanti modi di avere successo come calciatore... Infatti, la cosa più importante è essere convinti di ciò che si vuole fare e averne i mezzi.
Le tentazioni però oggigiorno sono più grandi...(interrompe) Di tentazioni ce ne sono sempre state in questo ambiente e sono rimaste le stesse. Magari i tempi sono cambiati e i calciatori sono più osservati e sollecitati in questo senso, ma penso che si possa resistere a tutto ciò.
Che consigli dà a un giovane calciatore per durare a lungo?Se si vuole giocare ad alti livelli, bisogna rispettare questo mestiere. Per farlo bisogna cercare di attenersi alle regole e far il meglio possibile per essere nelle migliori condizioni, al fine di essere utile e sperare di diventare un giocatore importante.
Il suo contratto scadrà a giugno, pensa a un rinnovo?No, ve lo assicuro, penso solo a finire nel miglior modo possibile questa stagione.
Si riesce a immaginare che un giorno non giocherà più?Certo. Non è una cosa che mi fa paura perché sono fiero della mia carriera, quando questo momento giungerà, vorrà dire che ho dato tutto quello che era in mio possesso per questa professione fantastica.
Quale sarà la vostra vita dopo il campo?Francamente... non lo so! Ma ho sempre detto che mi piacerebbe continuare l'avventura con la grande famiglia interista, penso che si possa fare. E quando il momento arriverà, dipenderà anche dal presidente e dai dirigenti. Ad ogni modo, non mi vedo allenatore.
Quale ricordo spera di lasciare nel mondo del calcio?Il rispetto di tutti. Per me sarà sicuramente la cosa più bella e la più importante.
Dal vostro arrivo all'Inter, nel 1995 dal Banfield, si sarebbe immaginato di trascorrere qui tutta la sua carriera europea?Sinceramente no. Ma col passare degli anni mi sono trovato sempre meglio al punto da considerarmi come parte integrante di questa famiglia. QUesto sentimento di appartenenza è stato molto importante nella costruzione della mia carriera.
Qual è stato il momento più bello della sua storia nerazzurra?Ho avuto la fortuna di viverne tanti, ma se ne devo scegliere uno, dico la famosa notte di Madrid, con la finale della Champions League vinta nel 2010 battendo il Bayern Monaco 2-0, in un'apoteosi finale di una stagione dove abbiamo vinto tutto realizzando il Triplete. Questo ricordo resterà speciale, per sempre.
Ha dei rimpianti? Nel 2010 non è stato selezionato per esempio per la Coppa del Mondo 2010, l'anno del famoso Triplete...La mia carriera non mi lascia alcun rimpianto e per la Coppa del Mondo 2010 non dipendeva certo da me. Da parte mia sono convinto di aver fatto il massimo per andarci, ma il selezionatore Diego Maradona, ha fatto le sue scelte.
Qual è il compagno che l'ha più impressionata?Ho avuto come compagno all'Inter Ronaldo, arrivato all'Inter nel 1997 al top della sua forma e con l'Argentina ho avuto il piacere di giocare con Leo Messi.
Qual è il più forte dei due?Sono molto diversi tra loro. Ronaldo era un attaccante potente e imprevedibile, quanto a Messi, quando ha la palla tra i piedi riesce a fare cose inimmaginabili.
E il giocatore più difficile da marcare?Kakà. Anche lui quando ha il pallone tra i piedi, può avere il colpo decisivo e sorprenderti, in qualsiasi istante. Quando difendi contro di lui non hai alcun punto di riferimento.
Cresce il dibattito su chi tra Cristiano Ronaldo, Lionel Messi e Franck Ribéry debba aggiudicarsi quest'anno il Pallone d'Oro...Sinceramente lo meritano tutti e tre. Ma dato che ne devo scegliere uno dico Messi. Anche se Ronaldo in questo momento sta facendo cose incredibili ed è un grandissimo giocatore, ma Messi resta sempre il migliore. Ne vincerà ancora tanti di Palloni d'Oro...
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