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UN DEKI E’ PER SEMPRE

Eva A. Provenzano

“Stankovic mi piace, mi piace il suo calcio, la sua personalità e credo che Dejan sia contento di lavorare con me. Lo vuole la Juve? Loro possono pensare quello che vogliono, noi non abbiamo nessun dubbio“. Era l’estate del...

"Stankovic mi piace, mi piace il suo calcio, la sua personalità e credo che Dejan sia contento di lavorare con me. Lo vuole la Juve? Loro possono pensare quello che vogliono, noi non abbiamo nessun dubbio". Era l'estate del 2008, Mancini era andato via dall'Inter e al suo posto era arrivato José Mourinho.

"E allora il giocatore dell'Inter lascerà Milano e andrà alla Juventus", scrivevano tutti i giornali sportivi. Voci insistenti, tanto che i tifosi bianconeri protestarono: un interista loro non lo volevano. Di sicuro non ci ha perso Deki. Perché lo Special One decise che il serbo poteva essergli utile. In conferenza stampa usò quelle parole: "Nessun dubbio". E il centrocampista rimase in nerazzurro. Arrivò prima un altro scudetto nel 2009. Poi arrivò tutto, arrivò quel 2010 magico che è leggenda e che è impresso a fuoco sui tanti trofei vinti.

Il fuoco di Stankovic. Quello del drago buono di tutte le favole nerazzurre: le sue fiammate, i suoi colpi ad effetto e a sorpresa che hanno saputo farci sgranare gli occhi, che ci hanno ricordato che noi possiamo permetterci di sognare l'impossibile, perché l'impossibile lo abbiamo materializzato. Ha segnato gol mai uguali, mai banali. Uno pure inutile, ma veramente bellissimo: lo segnò contro lo Shalke04 in Champions League da centrocampo, al volo. Tutti lì immobili, a fare 'ooooooo', accompagnando la palla in porta. Abbiamo segnato tutti insieme a lui. Come quella volta contro il Milan. Cross di Maicon e lui gol al volo nel sette e nelle nostre teste per sempre. 

Temperamento, tutto messo sul campo. Mou lo chiamava in causa quando aveva bisogno di conservare il risultato, di tenere botta, o di recuperare, quando gli serviva qualcuno pronto a fare gli straordinari. Ha saputo a volte anche giocare da trequartista, quando serviva, mettendoci cuore e intelligenza.

L'ultimo applauso San Siro glielo ha tributato quest'anno, nel giorno del suo rientro, nella partita di ritorno contro il Chievo, era fuori per un infortunio da un anno: un'emozione che gli ha fatto bene all'anima e ha dato una scossa alle sue gambe. "Purtroppo nella vita si deve andare e guardare avanti, voi che mi conoscete sapete che lo farò con determinazione, come ho sempre cercato di fare nella mia storia di uomo e di atleta", ci ha dettoUna storia bellissima scritta con colori magici. Quelli che oggi Deki saluta e che si porterà dietro ovunque andrà. Con lo stesso nostro orgoglio. Con la nostra stessa nostalgia.