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Sorpreso, quindi. Come ha reagito, come ha rimediato allo sconcerto? Facile pensare che qualche telefonata l’abbia fatta…
«Sì, ovviamente».
E quando, almeno a lei, hanno spiegato cosa è successo, ha compreso le ragioni di Mancini?
«Le dimissioni via pec sono un gesto importante e delicato. Le scelte vanno rispettate, ma vanno contestualizzate, perché sennò tutto è relativo. Non è il mio ruolo dire perché Mancini non è più il ct dell’Italia».
Prima sorpreso, poi dispiaciuto. Perdendo Mancini, cosa perde il calcio italiano?
«A un mese da importanti partite per le qualificazioni europee c’è da correre ai ripari, e in fretta. Non solo per la Nazionale, ma per tutto il movimento è importante qualificarsi ai prossimi Europei».
Personalmente ha un buon rapporto con Mancini?
«Ottimo e da lunga data, anche per questo mi dispiace il suo abbandono. Ma ripeto, le scelte delicate come queste si rispettano e non si discutono».
Letta così, una raccomandata elettronica e ciao, non sembra un gran segnale per il nostro calcio, non crede?
«Il tempo dirà se è un bene o un male. Tutto è relativo, dipende dall’esito della storia».
Sorpreso, dispiaciuto, infine perplesso. Cosa è che non la convince di quanto ha saputo?
«Erano stati appena varati dei programmi, Mancini aveva allargato la sua influenza su tutte le nazionali, evidentemente c’erano dei piani.
Che una settimana dopo vada tutto all’aria non può essere normale».
Più che una domanda è quasi una battuta: qual è il nuovo ct ideale del ministro? Meglio Conte o meglio Spalletti?
«Se è una battuta, io rispondo in modo serio: chi può dire adesso qual è la scelta migliore?».
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