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Abodi: “Dalle poltrone ci si deve alzare. Non sono avversario di Gravina ma…”

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Abodi sta riscrivendo la Legge Melandri:" La vecchia stesura non regge più, si è reso necessario un aggiornamento sostanziale"
Matteo Pifferi Redattore 

Il Ministro dello Sport Andrea Abodi ha rilasciato un'ampia intervista al Corriere dello Sport, affrontando diverse tematiche:

«La politica trova spazio dove lo sport glielo lascia. L’autonomia deve sempre contemplare contenuti. Io vorrei dare un senso a questo mio passaggio, ho quarant’anni di esperienza e il dovere di fare, anche toccando frammenti di autonomia altrui. Evitando sempre - sia chiaro - le invasioni di campo. Le prime righe dell’emendamento Mulé lo confermano: “Nel rispetto degli statuti delle federazioni di riferimento al fine di garantire una adeguata rappresentanza nei sistemi federali di cui al presente articolo… eccetera». Più rispettoso di così! Poi che il calcio, lo sport dia visibilità è un fatto, naturale che risulti un territorio interessante»


Quando dopo gli Europei disse, e in seguito lo ripeté, di essere «rimasto sorpreso dalla ricerca di responsabilità altrui» e che «proprio lo sport insegna ad assumersi responsabilità» inseguiva l’autocritica pubblica o, più semplicemente, chiedeva la testa di qualcuno?

«Rispondo così: alle parole seguono i fatti. Mancati le une e gli altri. M’era sembrato che nessuno si fosse messo in discussione, come se fossimo usciti dal torneo per una serie di circostanze sfavorevoli».

«Le dimissioni di un uomo non cambiano le cose nel sistema». Sono parole sue. Di un anno e mezzo fa.

«Le confermo. Però quando non fui eletto mi dimisi e avevo un mandato di quattro anni, rinunciai all’ultimo e restai senza lavoro, né consulenze o altro. Anche economicamente non fu una passeggiata di salute».

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Come finirà la partita del calcio?

«Dipende da una serie di fattori».

Anche dal campo? Dalla Nations League, intendo?

«Dagli equilibri delle Leghe. Gravina ha detto a me che intende fare un passo indietro, ma vuole essere libero di decidere, non accetta imposizioni e soprattutto vuole prima capire in che mani lascia la Federcalcio. È comprensibile. Nelle contrapposizioni palesi nessuno lascia spazio all’altro. Quello che realmente conta è il benessere del sistema, serve una visione più ampia e complessiva. Non si può sempre aspettare che le cose succedano, a volte bisogna farle succedere. La formula “fin che la barca va lasciala andare” non funziona».

Si dice che dietro l’attivismo dell’onorevole Mulé ci fossero Giorgetti da una parte e Lotito dall’altra.

«Assolutamente no. Giorgetti è un uomo di notevoli cautele, non c’entra nulla con tutto questo, ha altro a cui pensare. Lotito? Avere posizioni diverse fa parte del gioco. In Parlamento sono presenti un presidente e un amministratore delegato di società, circostanze che possono verificarsi. Lotito esercita le sue funzioni in un certo modo internamente e esternamente, Galliani in un altro sia dentro sia fuori».

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Lei da che parte sta? È di ostacolo a Gravina?

«Né ostacolo, né avversario proprio per il ruolo che ricopro. Vorrei aiutare a portare soluzioni».

Per questo sta riscrivendo la legge Melandri.

«La vecchia stesura non regge più, le cose sono cambiate e si è reso necessario un aggiornamento sostanziale per dare un assetto stabile al sistema. Mutualità, diritti tv, tutto va attualizzato».

Ministro, il Governo vuole prendersi anche il calcio?

«Assolutamente no! L’obiettivo del Governo, collaborando con il Parlamento, è di creare le condizioni per facilitare una indispensabile e indifferibile stagione di riforme nel calcio e, in generale, nello sport, per rendere il nostro sistema più credibile, competitivo e sostenibile. L’autonomia nello sport è un valore da rispettare, ma il modo più efficace per difendere l’autonomia, comunque relativa e non assoluta, dipende dalla capacità dello sport, e quindi anche del calcio, di non essere autoreferenziale, di rispettare a ogni livello i suoi valori e di saper svolgere efficacemente la sua funzione, anche sociale e culturale. Il Governo darà ogni supporto a questa prospettiva, nel rispetto dei ruoli, e non sarà mai complice dell’inerzia e del Gattopardo. Tutto questo al di là delle vittorie e delle sconfitte sportive».

Alé. E Malagò è in uscita nonostante i successi olimpici?

«Le norme dicono che i mandati, negli enti pubblici, possono essere al massimo tre. Malagò è alla fine di un percorso».

Fare il ministro in questa fase la diverte?

«Più che divertente, è stimolante, ho anche i giovani e grosse responsabilità e voglia di fare».

Se le dico poltrona?

«Dalla poltrona ci si deve anche alzare, la sedentarietà diventa un habitat mentale, uno schema di pensiero che alla lunga può produrre solo danni».

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