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AIC, Calcagno: “Sciopero calciatori? E’ grido d’allarme, si trovi punto d’incontro”

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Così il presidente dell'Assocalciatori (Aic), Umberto Calcagno, sulle prese di posizione di Koundè e Rodri riguardo i calendari sempre più intensi
Marco Astori Redattore 

"Mi auguro che la situazione si possa risolvere in modo diverso non dovendo ricorrere ad uno sciopero, ma è necessario trovare un punto di incontro": così il presidente dell'Assocalciatori (Aic), Umberto Calcagno, sulle prese di posizione di Koundè e Rodri riguardo i calendari sempre più intensi. I due calciatori, condividendo il pensiero di altri top player come Mbappé, Bellingham, Carvajal, Allison e van Dijk, hanno parlato di un possibile sciopero contro il crescente numero di competizioni e, di conseguenza, di partite da disputare nella stagione.

"Quella lanciata più che una minaccia è un grido di allarme - ha proseguito Calcagno - che parte dai calciatori e dal numero degli infortuni sempre più frequenti, e parte anche dalle società che ormai non sanno più come riuscire a gestire gli impegni dei loro tesserati. È una questione che riguarda la salute dei protagonisti ma tocca tutto il nostro mondo, dalla distribuzione delle risorse, alla valorizzazione dei campionati interni, alla crescita dei giovani, alla salvaguardia del valore sportivo delle competizioni". "Siamo arrivati ad un punto di non ritorno - ha proseguito -. Con il sindacato mondiale FifPro ci siamo mossi arrivando allo scontro con la Fifa perché l'ente regolatore non può anche avvantaggiarsi economicamente dalla creazione di nuove competizioni.


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Nessuno vuole ostacolare nuove possibilità di introito, ma dobbiamo considerare che per massimizzare i ricavi si rischia di vendere un prodotto scadente: un calciatore dopo la sessantesima partita non può garantire prestazioni al top e ci sono campioni che, con l'istituzione del Mondiale per club, potranno arrivare a giocare 80 partite a stagione". "Ci dobbiamo chiedere che calcio vogliamo per il futuro - ha concluso Calcagno - oggi ci si è resi conto che non si tratta di un fattore economico ma che la salute dei calciatori è la base dello spettacolo. Inoltre nessuno parla di come distribuire le risorse anche a chi non partecipa alle coppe e nessuno parla di come salvaguardare la salute dei calciatori. Siamo davvero sicuri che concentrare le risorse sulle competizioni europee, aumentando il gap economico tra i grandi club e le società medio-piccole, sarà la strada migliore per attrarre in futuro più tifosi?".

(ANSA)

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