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Il preparatore Albarella: “Ripresa allenamenti è un bene ma un mese potrebbe non bastare”

Matteo Pifferi

Le parole del preparatore al Corriere dello Sport

Intervenuto ai microfoni del Corriere dello Sport, Eugenio Albarella, preparatore atletico e collaboratore di Alberto Zaccheronialla Juventus, col Giappone e al BJ Guoan ha parlato della ripresa degli allenamenti per i calciatori:

«È come se volessimo allenare un nuotatore: gli fai fare degli esercizi, ma senza mettere acqua nella piscina. Comunque: a mali estremi, estremi rimedi. Se questa è un’opportunità per essere vivi, allora ben venga».

Albarella, da oggi per alcune squadre di Serie A cominciano gli allenamenti individuali. Quale pensa sia l’obiettivo per i calciatori?

«Riaccendere il motore, mi riferisco agli aspetti aerobici e neurogeni».

Concretamente che esercizi potrà fare l’atleta?

«Intanto immagino che ogni calciatore - anche allenandosi da solo - seguirà la tabella del proprio staff tecnico. Direi che - considerato il contesto in cui si muove - il calciatore potrà fare ripetute sui 50 metri, oppure ricondizionare aspetti di forza, con l’uso dei carichi naturali e con affondi».

Che compito spetta ai preparatori?

«Molto delicato. Dovremo essere bravi a pesare le intensità dei vari lavori. Non sappiamo in che condizione arriva l’atleta. Le tre-quattro settimane previste da una preparazione tipo potrebbero non bastare per garantire prestazioni all’altezza, questo dobbiamo metterlo in conto. E comunque: siamo di fronte ad una situazione completamente nuova, dobbiamo avere tutti la consapevolezza - tutti noi che lavoriamo nel sistema-calcio - che l’emergenza Coronavirusci obbliga a navigare a vista, con una progettualità che dovrà essere ogni volta rimodellata a seconda delle esigenze».

Cosa intende?

«La domanda che dobbiamo porci è: chi stiamo allenando? Ritroveremo gli stessi atleti di due mesi fa? Avremo problematiche nuove dopo un periodo così lungo di inattività. Avremo uomini con uno stato di stress molto elevato. E con uno stato emotivo nuovo, sia a livello psicologico che ormonale».

A livello psicologico per il calciatore questa ripresa porterà benefici, o no?

«Certo, mi creda, era mortificante per il calciatore non poter fare il proprio lavoro. Riprendere ad allenarsi lo farà stare bene. Bisognerà trovare un equilibrio, però: l’euforia di ricominciare ti porta ad andare al di là di quello che potresti fare. E il rischio di infortunarsi - dopo un’inattività così lunga - è assai elevato. E poi c’è un altro aspetto da tenere in considerazione».

Quale?

«Il calciatore di base ha un aspetto ludico che spesso tendiamo a dimenticare. Il calciatore non contempla nella sua mentalità la ripetizione - e quindi la sofferenza - di un gesto in forma ciclica. Si dice: giocare a calcio, non a caso».

E si gioca - sul serio - solo in due o più. Giocare da soli è un’altra cosa.

«Esattamente questo. Ma da uomo di campo dico che è giusto che si dia la possibilità di fare questa attività motoria e ci sia modo di farla in sicurezza. Riprendere a fare cose normali è una prima valvola da sfogo».

Andiamo oltre: Albarella, che scenari intravede per il nostro calcio?

«Il problema sarà quello di trasformare la poesia in prosa. Le linee guide di un nuovo protocollo sarà necessario trovarle con un tavolo comune e di confronto fra il comitato scientifico, i medici sportivi, gli allenatori e i preparatori. Si dovrà applicare un protocollo - dico: giustamente visto il momento - molto restrittivo, cercando di salvaguardare la natura stessa del calcio».