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Intervenuto ai microfoni de Il Giorno, l'ex calciatore del Milan Demetrio Albertini è tornato a parlare dei fatti avvenuti prima di Inter-Napoli: «Era un momento in cui si potevano riportare allo stadio le famiglie. È sbagliato però pensare che sia il calcio a generare violenza, al contrario ne è una vittima».
Oltre agli episodi fuori da San Siro c'è stato il 'corollario' dei cori razzisti a Koulibaly. «La mia lettura è che quegli ululati sono un modo discriminante per condizionare il giocatore avversario. Credo semplicemente che si debba agire: è vero che c'è una responsabilità verso l'ordine pubblico, ma è un evento sportivo che si può fermare».
E' vero che la violenza e le strutture sono i due temi centrali su cui l'Italia è in ritardo rispetto al resto d'Europa?
«Assolutamente. In Italia non ci sono mai stati investimenti per le infrastrutture. Si pensa sempre alla massima resa nel minor tempo. Lo stadio è qualcosa che dà risposte sul lungo periodo».
Quanto manca alle inseguitrici per arrivare al livello della Juventus?
«Tanto. Difficile dare un ordine di tempo per capire quanto ci vorrà per vedere un'altra squadra con le stesse possibilità. I bianconeri ormai si interfacciano più con l' Europa che con l'Italia».
Oggi consiglierebbe a un giocatore italiano di restare in Serie A?
«Ribalterei il discorso: direi ai club di investire sui nostri giocatori. La Juventus che domina è basata su questo principio. Chiesa, ad esempio, è un grande giocatore. Anche Barella. Il problema è che oggi si fatica a fare la stessa esperienza che negli anni '90 potevi vivere nelle medesime realtà. Il Cagliari nel '94 ha fatto una semifinale di Coppa Uefa».
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