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Albertini: “Può essere il derby di Lautaro. Inzaghi? Quando ha preso il posto di Conte…”

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"L’Inter dà un’impressione di grande coesione che non deriva solo dalla tattica e dal valore tecnico, ma anche dal feeling che c’è nello spogliatoio", dice Albertini
Matteo Pifferi Redattore 

Intervenuto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, Demetrio Albertini, ex Milan, ha parlato così del derby e del momento negativo dei rossoneri:

«Il derby vale tre punti come tutti gli altri incontri, ma, inutile nasconderlo, ha un valore speciale. Io l’ho giocato in quattro città diverse (anche a Roma, Madrid e Barcellona, ndr), ma per me il vero derby è quello di Milano. Sono cresciuto nel Milan, da tifoso rossonero, e sfidare l’Inter ha sempre avuto un fascino particolare».


L’Inter è favorita?

«Sì. Senza dubbio».

Cosa hanno i nerazzurri più del Diavolo?

«La consapevolezza che in loro è cresciuta nel tempo grazie al lavoro e alla conoscenza reciproca. L’Inter dà un’impressione di grande coesione che non deriva solo dalla tattica e dal valore tecnico, ma anche dal feeling che c’è nello spogliatoio».

Nel Milan invece...

«I risultati sono lo specchio di quello che si è visto in campo: non c’è stato un incontro che meritavamo di vincere e non abbiamo vinto».

Il derby può dare la svolta?

«I tifosi lo aspettano con preoccupazione alla luce di quello che si è visto finora, mentre per i calciatori di Fonseca è un’opportunità per dimostrare il loro valore, per invertire la tendenza».

Chi può essere l’uomo decisivo nell’Inter?

«Lautaro, bloccato e sottotono finora, mi preoccupa: vorrà riscattarsi contro il Milan per far “ripartire” la sua stagione».

E nel Milan?

«Magari Leao, che stiamo aspettando da un pezzo a livello di continuità. Le sue qualità nessuno le mette in dubbio, ma il suo rendimento è troppo altalenante. Speriamo che il derby sia una partita da “up” e non da “down”. Non gli chiediamo di caricarsi la squadra sulle spalle o di essere il leader, ma di fare la differenza».

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Fonseca in conferenza stampa è sembrato fiducioso.

«Per raccogliere i frutti del lavoro di un tecnico che attua un calcio così diverso da quello del suo predecessore, ci vuole tempo. Io però vedendo lo spirito in campo dei calciatori, ho delle perplessità. Speriamo che le cose cambino nel derby».

L’Inter di Inzaghi invece gioca a memoria.

«E pensare che, quando ha sostituito Conte, qualcuno diceva che Simone non era un vincente... Il suo è stato un percorso importante e ha costruito una squadra che si è consolidata con il tempo. L’Inter può sbagliare una partita, ma è forte».

Lei però è ottimista...

«La speranza c’è sempre: da tifoso penso che i calciatori attuali non vogliano essere ricordati come quelli che hanno perso il settimo derby di fila e sono entrati nella storia... dalla parte sbagliata».

Concorda che per gli interisti è più facile essere fiduciosi?

«Se lo sono prima di entrare in campo, non mi interessa. Basta che siano tristi alla fine».

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Le piace Ibra in versione... boss?

«Ora abbiamo compreso il suo ruolo. Si è preso le sue responsabilità e con la sua personalità può incidere anche fuori dal campo».

Marotta che presidente è?

«Da anni gestisce i club dove lavora. Ha cambiato solo la carica».

Quali dei derby giocati ha nel cuore?

«Il primo da bambino, quando avevo dieci anni. Un altro vinto 5-0 (nel 1998, ndr) nel quale mi ero arrabbiato perché non avevamo segnato il 6-0 e quello di ritorno nel 1992-93: l’Inter voleva rimontare, ma l’1-1 di Gullit ci permise di ipotecare lo scudetto».

Quali invece vorrebbe rigiocare?

«Tutti. A me non manca il calcio, ma il derby. Se il calcio accomuna tutte le classe sociali, il derby ci fa essere tutti bambini».

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