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Albertini: “In Italia parliamo di giovani ma non li valorizziamo. Ieri la Spagna…”

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"Dal 2010, con Sacchi e Viscidi, si è lavorato sulle nazionali giovanili. I risultati in 15 anni sono chiari", ammette poi Albertini
Matteo Pifferi Redattore 

"Una partita non è l'assoluto, e anche se ieri la Spagna ha surclassato l'Italia sono convinto che il dislivello reale non sia quello. Ma qualcosa vorrà dire se la Spagna ha un progetto sportivo e noi dopo tanti anni ancora stiamo parlando delle seconde squadre; se Yamal a 16 anni ha 38 presenze nel Barcellona che ha cominciato la stagione per vincere la Champions e i nostri ragazzi, campioni d'Europa U.17 o U.19, non trovano spazio o giocano per non retrocedere...Come sempre, parliamo di giovani e non li valorizziamo". Demetrio Albertini, ora presidente del settore tecnico Figc, ha nel suo Dna il grande calcio, l'azzurro e insieme anche la Spagna. Di quel "progetto calcistico" ha studiato ogni passaggio, visti i legami da ex dell'Atletico e del Barcellona, col quale ha vinto uno scudetto. "La Spagna - dice Albertini all'ANSA - è stata superiore per qualità complessiva, e ci ha impedito di uscire dalla metà campo. La Spagna ha interpretato al meglio la sua filosofia, l'Italia non è più difensivista. Ma io non credo che il dislivello reale tra i due movimenti sia quello di ieri, in assoluto".

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Per dirla però con la battuta che circolava nello spogliatoio azzurro dopo la semifinale di Euro 2000 contro l'Olanda, anche quello un assedio subito ma poi vinto ai rigori, "li abbiamo chiusi nella nostra metà campo e non li abbiamo più fatti uscire...". Della maggior qualità della nazionale di de la Fuente, dice d'altra parte Albertini, "sapevamo da prima: basta vedere dove giocano i loro nazionali, quanti nei club iniziano la stagione per vincere la Champions e quanti in Italia: è oggettiva la differenza a livello formativo. Parliamo di Yamal, Williams, Pedri e della loro età: ma guardiamo bene quante presenze hanno così giovani nel Barcellona, nell'Atletico, nel Real. In Italia invece è bloccato il mercato interno: a un giovane italiano direi di non scartare l'ipotesi estera".


Il discorso giovani sta a cuore ad Albertini, e a tutta la Figc. "La Spagna ha un progetto sportivo di lungo termine - sottolinea - Sentivo ieri la storia di Fabian Ruiz: 'sparito' con Luis Enrique, richiamato da de la Fuente che lo aveva avuto alle giovanili. E' il segno di un percorso che continua". E l'Italia? "Dal 2010, con Sacchi e Viscidi, si è lavorato sulle nazionali giovanili. I risultati in 15 anni sono chiari: siamo saliti vertiginosamente nei ranking giovanili, abbiamo disputato cinque finali vincendone due, gli Europei U.17 e U.19. Siamo vicecampioni del mondo U.20. Il luogo comune che l'Italia non ha né talenti né insegnanti è presto smentito".

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Poi, c'è il dopo. "Ho giocato e vinto con con i tre olandesi, con Weah e Savicevic - ricorda Albertini -, lungi da me ogni contrarietà agli stranieri: ma è un dato oggettivo che sono sempre meno i giocatori italiani, o meglio convocabili, impiegati nei campionati. Come anche - conclude - che giocano tanti stranieri ai quali i nostri non hanno nulla da invidiare; eppure le regole Ue sono le stesse, da noi e in Spagna. E' vero che nessuno può obbligare un imprenditore privato ad acquistare o meno un giocatore, ma nessuno gli vieta di far giocare un italiano di talento. La Spagna, i suoi li ha valorizzati".

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