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Se Massimiliano Mirabelli è direttore sportivo al Milan deve soprattutto ringraziare Piero Ausilio: è infatti stato quest’ultimo - quando i due erano buoni amici - a portarlo all’Inter come osservatore facendolo entrare nel giro che conta e poi - dopo l’interlocutoria parentesi al Sunderland - sempre Ausilio l’ha ripreso sotto la sua ala protettrice, convincendo Erick Thohir a riprenderlo, ma nelle vesti di capo degli osservatori. Ruolo molto più esteso rispetto alla mansione, dato che Mirabelli era nei fatti il braccio destro di Ausilio, l’uomo a cui il direttore sportivo affidava le pratiche più delicate quando si trattava di andare a scegliere un giocatore. Una coppia che è scoppiata quando Sino Europe Sports ha scelto Marco Fassone come amministratore delegato del Milan cinese: come preventivabile, Fassone ha pescato tra le figure che meglio conosceva e ha scelto come ds proprio Mirabelli (si sussurra solo dopo aver chiesto ad Ausilio di seguirlo, ma il pettegolezzo mai è stato confermato dalle parti). Il corto circuito è stato immediato e il divorzio - come spesso accade nelle aziende - si è consumato con tanto di piatti rotti. Ferita mai rimarginata, come prova l’irritazione trapelata dall’Inter per le esternazioni (a Sky e Premium) rilasciate da Marco Fassone in cui l’ad rossonero ha confessato l’inconfessabile, ovvero che Mirabelli - quando ancora era formalmente al servizio dell’Inter - già pensava alla ricostruzione del Milan. Atteggiamento umanamente comprensibile, però forse un po’ di cautela in più ci voleva da parte di Fassone, alla luce dei rapporti ancora tesi con la controparte. Mirabelli è stato liberato dall’Inter soltanto nei primi giorni di settembre del 2016 e solo un mese dopo è stato ufficialmente annunciato da SES. Fatto sta che le ruggini tra Ausilio e Mirabelli non si sono ancora sedimentate. Difficile immaginare nel prossimo futuro altri affari in comune tra Milan e Inter che fino a qualche stagione fa (come prova l’affare che ha coinvolto Cassano e Pazzini nell’estate del 2012) non faticavano a scambiarsi giocatori da buoni amici.
(Tuttosport)
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