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B. Facchetti: “L’Italia mi ricorda papà. E quell’episodio della monetina…”

La figlia dell'indimenticato campione nerazzurro parla di Nazionale, spiegando quanto sia stata importante anche per suo padre.

Alessandro De Felice

Avrebbe potuto partecipare da vicino a questi Europei come supervisor di Casa Azzurri, ma un infortunio subito in bicicletta non gli ha permesso di partire per la Francia. Ma Barbara Facchetti, da casa, segue ugualmente il cammino della squadra di Conte e ai microfoni della Gazzetta dello Sport, si mostra molto entusiasta:

Barbara, le piace questa Italia?

«Moltissimo. Abbiamo ritrovato l’orgoglio nazionale che mancava da tempo. In alcuni azzurri rivedo l’attaccamento alla maglia di papà».

Tipo?

«Buffon sicuramente. Mi ha colpito anche Giaccherini, che è pure interista... Ha dato tutto per guadagnarsi la convocazione e ora sta ripagando la fiducia di Conte».

Intensità e impegno: il vangelo del c.t.

«L’Italia mi piace proprio per questo. Ricordo l’espressione di fatica sul volto di mio padre ogni volta che raccontava Italia-Germania 4-3. Gli tornava addosso tutta quella sofferenza fisica. Ecco, anche questa è una Nazionale da fatica».

Due anni prima, nel ’68, l’Italia aveva vinto il primo e ultimo Europeo. Sarebbe ora di mettere in bacheca la seconda vittoria...

«Me lo auguro fortemente. Per fortuna non ci sono più monetine da lanciare... Ricordo che papà mi raccontò quello che successe dopo la semifinale di Napoli tra Urss e Italia e mi assicurò che era stato più stressante della partita e molto più complicato di un gol...»

Cosa le raccontò esattamente?

«Sull’episodio circolano diverse versioni: la monetina che si infilò in una fessura e restò in piedi e cose così. Papà mi raccontò di un lancio solo di una monetina da 10 franchi francesi che raffigurava Ercole da un lato e la corona d’alloro dall’altro. I capitani e gli allenatori andarono in uno stanzino con l’arbitro. Il c.t. sovietico scelse per primo le figure mitologiche, ma papà si oppose perché loro avevano già scelto palla o campo. Si prese Ercole. La monetina rotolò per terra ed Ercole trionfò...».

Poi?

«Corse negli spogliatoi a comunicarlo alla squadra sfondando la porta per l’entusiasmo... Esplosero tutti di gioia. Unico impassibile: Burgnich. Papà gli chiese il motivo e Tarcisio rispose: ero sicuro che avresti vinto, sei troppo fortunato».

Se l’Italia di Conte dovesse arrivare in finale, andrà in Francia?

«Nel caso, farei di tutto per recuperare dall’infortunio ed esserci... Anche papà avrebbe voluto seguire la finale di Berlino nel 2006. Era rimasto a casa per la malattia, ma in quei giorni stava meglio e Materazzi continuava a chiedergli di andare. Papà però considerò che senza di lui in Germania l’Italia era andata così bene e preferì rinunciare. Io non sono scaramantica. Sono nata nel ’68, cioè nell’anno del titolo europeo e della costituzione della Nazionale femminile. Potevano anche chiamarmi Azzurra...».

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