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D. Baggio: “Prendevamo tanti farmaci, sono preoccupato. Anche l’erba dei campi…”

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Le dichiarazioni rilasciate a Tv7, l'ex giocatore parla anche alla Gazzetta dello Sport e non nasconde la sua preoccupazione

Gianni Pampinella

Le dichiarazioni rilasciate da Dino Baggio alla televisione privata veneta Tv7, hanno sollevato un polverone. "C’è sempre stato il doping, comunque sia robe strane non sono mai state prese perché c’è sempre una percentuale che tu devi tenere. Però col tempo bisogna vedere se certi integratori fanno bene oppure no". Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l'ex giocatore torna sulle sue dichiarazioni e si corregge: "Chiedo scusa a tutti. Io volevo dire “antidoping”, e non “doping”. Infatti ho aggiunto che robe strane non ne abbiamo mai prese, perché non si poteva: c’erano i controlli. Mica si scherzava. È un errore che nasce dalla consuetudine. Noi calciatori, quando andavamo a fare il test nella stanza a fianco dello spogliatoio, dicevamo: “Anche stavolta mi tocca il doping...”. E così questo modo di dire me lo sono portato dietro".

Eliminata la faccenda del doping, resta la sostanza del discorso. Ce la può spiegare?

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«Il mio ragionamento è figlio del dolore che mi porto dentro per la scomparsa di Vialli, che ho sempre considerato un amico e che tanto mi ha aiutato, di Mihajlovic e di altri ragazzi che, come me, hanno giocato a pallone negli anni Novanta. Sono tanti, troppi, quelli che se ne sono andati. Credo sia necessario investigare sulle sostanze farmacologiche prese in quei periodi. Magari non c’entrano nulla, magari si scopre qualcosa...».

Si trattava sempre di sostanze lecite, giusto?

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«Sì. Integratori, per la maggior parte. Figuratevi se i medici ci davano sostanze dopanti: avevamo controlli ogni tre o quattro giorni. No, semplicemente vorrei sapere dagli scienziati se gli integratori che prendevamo, a lungo andare, possono creare problemi nel nostro corpo».

Di quali integratori stiamo parlando?

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«I soliti, quelli che si vendono anche adesso in farmacia. Sostanze che aiutano il recupero fisico dopo uno sforzo. D’altronde non se ne poteva fare a meno: giocavamo 60-70 partite all’anno, tra campionato, coppe varie e Nazionale. Ritmi altissimi, impegni ravvicinati che non consentivano al corpo un normale ritorno alla regolarità. Aiutarsi con gli integratori era naturale e necessario. Ora, però, vorrei sapere se questi integratori, alla lunga, possono creare danni».

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Se parla di integratori che si vendono anche oggi in farmacia...

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«Certo, ma una persona normale ne prende uno o due alla settimana, mentre noi ne assumevano una notevole quantità tutti i giorni. C’è un po’ di differenza. Comunque nelle mie intenzioni non c’è la polemica, che è sempre sterile, ma il desiderio di conoscenza».

Vi sottoponevate anche a flebo, vero?

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«Sì, ma anche oggi accade».

E che cosa c’era dentro quelle flebo?

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«Di preciso non l’ho mai saputo. Di sicuro non sostanze dopanti, perché l’antidoping non mi ha mai fermato. Però si trattava di farmaci, che sono cose diverse dalle sostanze naturali che magari vengono utilizzate oggi. Quei farmaci, assunti per tanto tempo, sono ancora nel mio corpo, nei miei tessuti? Chi lo sa? Vorrei che qualcuno mi potesse rispondere».

Ha paura?

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«Sono preoccupato, lo ammetto. Tanti morti, persone ancora giovani, non sono normali. Un’indagine seria andrebbe condotta».

Lei ha parlato anche dell’erba dei campi.

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«Eh sì, avete presente l’odore che si sentiva quando si entrava in campo negli anni Novanta? Era un odore acre, a volte persino fastidioso. A quell’epoca, per tenere i terreni in ordine, si usavano prodotti che contenevano sostanze oggi non più consentite. Adesso, invece, per fortuna è tutto diverso. Ma quelle sostanze che io le ho respirate, si sono incollate al mio corpo. Mi faranno male? Avrò il diritto di sapere o no?».

Quale soluzione auspica?

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«Mi piacerebbe che la scienza potesse dare risposte sui farmaci che ci venivano somministrati, per recuperare da un infortunio o per ritrovare le energie. E mi piacerebbe anche che tutto il mondo del calcio ricercasse la verità, che non necessariamente deve essere negativa. Sarebbe un’operazione di trasparenza».

(Gazzetta dello Sport)

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