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Ballotta: “Eriksson grande uomo e allenatore. Simone Inzaghi quello che gli somiglia di più”

Ballotta: “Eriksson grande uomo e allenatore. Simone Inzaghi quello che gli somiglia di più” - immagine 1
Il mondo del calcio piange la scomparsa di Sven Goran Eriksson. A ricordarlo, a TMW, è intervenuto l'ex portiere della Lazio Marco Ballotta
Marco Macca Redattore 

Il mondo del calcio piange la scomparsa di Sven Goran Eriksson. A ricordarlo, a TMW, è intervenuto l'ex portiere della Lazio Marco Ballotta, che ha dichiarato:

Ballotta: “Eriksson grande uomo e allenatore. Simone Inzaghi quello che gli somiglia di più”- immagine 2

Ti ha colpito il modo in cui il mister ha deciso di affrontare la malattia nell’ultimo anno?

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“Si, anche se è nella sua indole. È sempre stato un positivo, poi non è mai facile con una malattia del genere fare buon viso a cattiva sorte. Penso che sia un esempio da seguire nonostante tutto, affrontare una malattia del genere come l’ha affrontata lui è da esempio. Il sorriso lo ha sempre avuto, ma era consapevole del problema. Ha dimostrato di essere un uomo forte, come è sempre stato forte da allenatore. Un signore in tutto e per tutto, anche in questa situazione delicata. È stato un uomo da apprezzare e ammirare”.


C’è qualcuno che assomiglia più di altri a mister Eriksson a livello di gestione del gruppo?

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“Dipende sempre dal carattere delle persone, dico Inzaghi perché è quello tra virgolette più tranquillo. Essendo scandinavo Eriksson aveva il suo modo di essere diverso dal nostro, meno focoso. Difficilmente lo vedevi arrabbiato, ma in realtà bruciava dentro senza farlo vedere all’esterno. Credo che Simone sia quello che gli assomiglia di più”.

Ballotta: “Eriksson grande uomo e allenatore. Simone Inzaghi quello che gli somiglia di più”- immagine 3

Ci puoi raccontare un aneddoto di quella Lazio guidata da Eriksson?

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“Ricordo con piacere tante cose perché avevo un buon rapporto con lui e con lo staff, c’erano delle circostanze perché magari un allenatore da solo non riesce a percepire tutto il campo e il gioco. C’erano dei momenti e delle difficoltà che non percepiva e allora in panchina con i compagni e scherzando ci mettevamo a parlare della condizione fisica di questo o quell’altro giocatore perché poi lui si girava e ci chiedeva cosa avesse il nostro compagno. Da lì seguiva le sue condizioni e dopo qualche minuto prendeva la decisione più giusta. Anche in questo vedi il rapporto che c’era, si voleva tutti vincere insieme. Dove non arrivava lui magari gli davamo una mano noi giocatori, ma questo era lo spirito del mister che ci aveva inculcato e questo è bellissimo. Questo è il ricordo che ho più nitido di lui”.

(Fonte: TMW)