Lo scudetto è anche il risultato del grande lavoro svolto dal club. Quando vinci in quattro anni due campionati con due tecnici, Conte e Inzaghi, che più diversi non possono essere, significa che la società sa svolgere bene la propria missione. Di uomini della provvidenza durati il tempo di un sogno è piena la storia del calcio, ma i grandi cicli, i successi che durano, poggiano sulle fondamenta di una struttura societaria solida. Il gruppo dirigente guidato da Marotta, Antonello, Zanetti fino ad Ausilio ha fatto crescere l’Inter, seppure in un contesto non facile. Certamente la svolta c’è stata con l’ingresso di Marotta: senza di lui la Juve è stata via via un po’ meno vincente, con lui l’Inter è stata via via un po’ meno pazza. Ha compiuto il percorso inverso di Italo Allodi, che Gianni Agnelli prese dalla grande Inter per ricostruire una Juve di lì in avanti protagonista per una quindicina d’anni.
Non a caso Marotta ha collezionato dieci titoli italiani in carriera. Chi voleva metterlo in difficoltà, e con lui l’Inter, alimentando il malumore di Lukaku fino al voltafaccia finale, in realtà gli ha fatto un favore. Lautaro, diventato leader, ha trovato la stagione migliore, Thuram si è scoperto un partner perfetto, tutto il gruppo si è alleggerito di tensioni e polemiche che lo avevano zavorrato. E ora? Dopo i nove scudetti di fila della Juve nessuno ha saputo ripetersi: Inter, Milan, Napoli e ancora Inter nei quattro anni successivi. Nessun successo si è trasformato in egemonia.
Che possa toccare proprio al club di Zhang a qualcuno potrà sembrare non solo paradossale ma perfino indigesto. Da tempo l’Inter sarebbe dovuta passare di mano secondo disinformati di professione, economisti per mancanza di prove, insomma quel caravanserraglio che fa da contorno, spesso degradato, al calcio italiano. L’Inter di Zhang invece è per successi seconda soltanto a quelle dei Moratti. Non solo, appare in vantaggio rispetto alle concorrenti anche per la prossima stagione. Ha già impostato il mercato in entrata, concluso acquisti importanti, individuato le cessioni che dovranno mantenere sostenibili i conti. Il Milan e la Juve, antagoniste storiche, hanno l’obbligo di recuperare la distanza tecnica, come ci si aspetta da chi ha tre stelle sulle maglie o sette Champions in bacheca. Non si può abdicare alla propria storia".
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