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Beccalossi: “Il mio cuore batte per l’Inter. Ero ingestibile: regole mie, sigarette e locali”

Beccalossi: “Il mio cuore batte per l’Inter. Ero ingestibile: regole mie, sigarette e locali” - immagine 1
L'ex calciatore dell'Inter si racconta in una lunga intervista ai microfoni de' La Gazzetta dello Sport, ricca di retroscena

Evaristo Beccalossi apre al ritorno all'Inter. L'ex calciatore nerazzurro ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport in cui ha parlato del suo passato, del presente e del futuro:

"Non lo so. Il mio cuore batte per la Nazionale e per l’Inter. Con Marotta ho un ottimo rapporto. Ma dopo un mese che non vedo i ragazzi, mi mancano. Proseguire il mio percorso in azzurro o tornare nella casa nerazzurra: due splendide soluzioni. Nel mondo ci so stare, qualche regola la seguo anche io... Mi sono guadagnato il rispetto di campioni come Maradona e Ronaldo e delle istituzioni. Dopo il successo dell’Under 19 mi hanno scritto Infantino, che mi invita sempre ai Mondiali, e Gravina. E penso con riconoscenza a Tavecchio, che mi volle in federazione".


Beccalossi: “Il mio cuore batte per l’Inter. Ero ingestibile: regole mie, sigarette e locali”- immagine 2

Spazio a tanti aneddoti:

"Ingestibile? Sì, ed ero spontaneo. Portavo i capelli lunghi per proteggermi, come fossero uno scudo o una corazza, anche se non mi piacevano perché somigliavo a Branduardi e Cocciante. Arrivai all’Inter e avrei preso l’8. Mi diedero il 10, che tre anni fa mia figlia Nagaja mi ha fatto tatuare sul braccio. Pensai a Mazzola, Suarez, Corso. Cosa c’entravo io con loro? La Gazzetta fece un inserto, ce l’ho ancora a casa: in copertina io e Platini, il mancino e il destro. Cosa c’entravo io con Michel? Ma contro la Juve davo il massimo ancor più che contro il Milan. Non sapevo mai come avrei giocato: arrivavo a San Siro carico e non toccavo palla, ero reduce da una settimana di serate e facevo solo numeri. Ero così. Gli psicologi dicono che sono pericoloso quando ho tutto sotto controllo. Ma se tornassi indietro non cambierei nulla. Io voglio morire ingestibile".

Ma si allenava?

"Insomma... Un allenamento vero a settimana. Il martedì recuperavo dalle botte, il mercoledì ci davo dentro, il giovedì dipendeva, il venerdì mi sdraiavo sul lettino del massaggiatore Dellacasa con sigarette e Gazzetta e tiravo sera, il sabato provavo le palle inattive. Fumavo un pacchetto al giorno, bevevo una decina di caffè, ma i compagni mi accettavano così com’ero".

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Niente regole?

"Le mie. La sera, Milano era bellissima. Cenavo tardi, poi andavo in giro, finivo al Derby o in altri locali. Sui navigli cercavo posti dove suonavano musica in dialetto. La mattina dormivo un po’ di più. Però andavo dal tabaccaio, dal barista e tutti mi volevano bene. Anche quando sbagliai quei due famosi rigori: al ritorno a San Siro il pubblico fu eccezionale".

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