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Beccantini: “Allegri, epilogo isterico, solitario y final. Le minestre riscaldate…”

Matteo Pifferi Redattore 
"Il peso della classifica varia da piazza a piazza, e vincere aiuta a vincere. Ma il tranello della bacheca preventiva ha poco senso", scrive Beccantini

Roberto Beccantini, intervenuto sulle colonne del Corriere dello Sport, ha espresso la sua sull'eterno dibattito sugli allenatori e la vittoria:

"Ma cos’ha vinto Roberto De Zerbi? La domanda la fece Fabio Capello, non proprio l’ultimo arrivato, nell’ambito di un tele-dibattito sul mercato degli allenatori. Risposta: a livello burocratico e assoluto, una Supercoppa di Ucraina con lo Shakthar Donetsk. Stop. E allora? Trasformò il Sassuolo - il Sassuolo pre sbando - in un laboratorio all’avanguardia e ha celebrato il battesimo del Brighton in Europa. Pep Guardiola lo ha adottato e additato: il futuro sarà suo. Tornando a don Fabio: cos’ha vinto Gian Piero Gasperini? Il torneo di Viareggio del 2003, con la Juventus. Eppure la sua Atalanta, in attesa della finalona di Dublino con il Bayer Leverkusen, è assurta a modello, a esempio. Battibile, ma riconoscibile"

"Cosa aveva vinto Arrigo Sacchi prima di sbarcare al Milan e, con tre olandesi del calibro di Ruud Gullit, Marco Van Basten e Frank Rijkaard, fissare confini che, lì per lì, ci sembrarono spaziali, più ancora che spaziosi? Un campionato Primavera a Cesena, un campionato di serie C1 a Parma: ecco cosa. E a proposito: gli scalpi del Capello “novizio”? Nessuno. Un po’ di cantera milanista, non senza successi fra Berretti e Primavera; un mese di supplenza al posto di Nils Liedholm, con tanto di vittorioso spareggio Uefa (1-0 alla Sampdoria). Rientrò nei ranghi, e studiò alla polisportiva Mediolanum, perché incombeva il Vate. Che avrebbe poi sostituito, nel 1991, quando le pile parevano scariche e il crollo alla Dorando Pietri imminente. Il destino ci rise su. Yes man a chi?"

"E i trofei di Giovanni Trapattoni alla vigilia dell’avventura juventina, nel 1976? Zero. «Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola» suggeriva Voltaire (ammesso che fosse davvero lui). Le insidie nascoste nei traslochi dalle squadre agli squadroni sono all’ordine del giorno. L’esperienza non s’inventa, e il peso della classifica varia da piazza a piazza, e vincere aiuta a vincere, l’ha scoperto persino John Elkann, bla bla bla. Ma il tranello della bacheca preventiva ha poco senso. Se mai incide il carattere del candidato, la sua filosofia di gioco, e che società avrà alle spalle. Che società, soprattutto. Ogni riferimento all’epilogo isterico, solitario y final di Massimiliano Allegri non è puramente casuale. Piano, dunque, con le sentenze sommarie, almeno in questi casi. Anche Marcello Lippi, al netto di una proficua gavetta tra Cesena, Atalanta e Napoli (mi scuso per i passaggi saltati), si presentò chez Madama a mani vuote. Dal suo dossier, in compenso, affiora un altro tema di discussione. Le minestre riscaldate. Saziano, non saziano? Con Lippi, funzionò a Torino ma non in Nazionale. Sull’Allegri bis potremmo scrivere un romanzo. La Vecchia è, per tradizione, una comunità-fabbrica che ha sempre privilegiato i risultati oggi ai progetti domani. E occhio: da Bologna, nel 1990, arruolò Gigi Maifredi, un tecnico che invitava a brindare oltre il tabellino. Ballò, mestamente, una sola estate. E aveva Roberto Baggio. Patti chiari: «La rivolta segue un capo, la rivoluzione un’idea»".