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Beccantini: “Cuadrado simulatore seriale: ora si tuffa in una nuova avventura. In Juve-Inter…”

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"Cuadrado non ha fatto scuola perché la scuola è sempre esistita. Ci sono stati Milos Krasic e Adriano, Kevin Strootman e Dries Mertens"
Matteo Pifferi Redattore 

Roberto Beccantini, sulle colonne del Corriere dello Sport, ha così commentato l'addio di Juan Cuadrado dalla Juventus:

"Un tuffo di silenzio alla “memoria”. Juan Cuadrado lascia la Juventus a 35 anni, dopo 8 stagioni, 314 partite, 26 gol, 5 scudetti, 4 Coppe Italia e 2 Supercoppe. Colombiano, terzino poi ala, poi ancora terzino. Independiente di Medellin, Udinese, Lecce, Fiorentina, un soffio di Chelsea e i monsoni di Madama. Se l’arbitro deve essere superiore a tutto, i giocatori vogliono essere superiori a tutti. E, per questo, non si negano nulla. La simulazione è similitudine blasfema, di pancia, strumento grezzo per imbrogliare l’episodio. Molti cascano, moltissimi ci cascano. Ero a Bergamo, l’8 aprile del 1990, quando Alemao crollò “urtato” da una monetina, e Salvatore Carmando, il massaggiatore, gli intimò: «Stai giù». Era il Napoli di Lucianone Moggi e Diego Maradona. Morale: da 0-0 a 0-2 a tavolino fra i moccoli della Dea e lo sdegno di un Milan che intuì dove sarebbe finito il titolo"

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"Cuadrado non ha fatto scuola perché la scuola è sempre esistita. C’era l’accademia fiorentina del Novecento, che aveva in Luciano Chiarugi, ala vecchio stile, la cattedra più ambita e riverita. Ci sono stati Milos Krasic e Adriano, Kevin Strootman e Dries Mertens. Lo spirito è forte ma la carne debole; e la paura che qualche terzinaccio possa attentare ai sacri lombi la spinge, la gonfia. Omar Sivori no. Se notava un bravaccio in agguato, lo anticipava: mai porgo l’altra guancia, figuriamoci l’altra anca. Sputi sentenze, una qualsiasi, chi è senza carpiato. E non chi ne ha commessi, eventualmente, di meno: il vangelo parla chiaro. I carabinieri del Var incalzano il destino cinico e baro. Cuadrado deve la fama all’allenamento del gesto e al peso della maglia. Gene Gnocchi gli ha dedicato fior di “Rompipallone”. Battuta per battuta, i celopuristi gli hanno suggerito il Sudtirol di Bolzano, culla della dinastia Cagnotto, da papà Giorgio alla figlia Tania. In fin dei conti, segnò “sdraiandosi” persino il primo gol in bianconero: e al 93’ di un derby, addirittura"


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"Per precipitare, ha bisogno di un “alleato”. Come l’urlo imprigionò la rete di Marco Tardelli al Bernabeu, così il casqué ha condizionato la carriera di Juan. Il simulatore seriale è un kamikaze che ha scelto d’immolare la fede e la fedina per la classifica del suo “Paese”. Consapevole di schiantarsi contro l’esecrazione del tifo (avverso) pur di centrare l’obiettivo, non importa se la bagnarola di una punizione o la portaerei di un rigore agli sgoccioli (come il tuca tuca infantile con Ivan Perisic, il 15 maggio 2021, in Juventus-Inter 3-2). È difficile sradicarlo dalle metafore dei trampolini e delle piscine. Meriterebbe una letteratura più vicina e sensibile ai suoi dribbling, al suo destro, ai suoi estri. Della Juventus di Andrea Pirlo era diventato una sorta di regista in maschera. È stato un eccesso ambulante: capace di recitare Dante e di scrivere cuore con la q. Adesso che sta per “tuffarsi” in una nuova avventura, i moralisti sono tristi. Lontano dalle vignette della Continassa non sarà più lo stesso svenimento (e investimento). Per Groucho Marx, «il segreto della vita è essere onesti e comportarsi bene. Se riesci a simulare tutto questo, ce l’hai fatta». E vai".

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