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Bedin: “Prima stella una gioia. Seconda un’ossessione. Mi rivedo in Barella, ma segnavo di più”

Bedin: “Prima stella una gioia. Seconda un’ossessione. Mi rivedo in Barella, ma segnavo di più” - immagine 1
L'ex giocatore dell'Inter protagonista dello scudetto nerazzurro della prima stella ha parlato dell'ultimo scudetto conquistato
Andrea Della Sala Redattore 

L'ex giocatore dell'Inter Gianfranco Bedin protagonista dello scudetto nerazzurro della prima stella ha parlato dell'ultimo scudetto conquistato:

Via Tagnin, 32 anni, per i tempi un vecchio, dentro la corsa, la freschezza di Gianfranco Bedin, 20enne dotato anche di un certo senso geometrico e di tiro. «Ma soprattutto di corsa, quello chiedeva il Mago Herrera».


Bedin: “Prima stella una gioia. Seconda un’ossessione. Mi rivedo in Barella, ma segnavo di più”- immagine 2

Com'erano i rapporti con lui?

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«Non c'era dialogo. Decideva una mossa tattica ed era quella. Io, avendo il 4, come Tagnin dovevo marcare il fantasista degli altri. E dico gente come Rivera, Sivori... Però lui diceva "una volta che gli hai rubato palla siamo in superiorità numerica, perché quelli non corrono certo a riprendersela" e aveva ragione. E poi per fortuna se sbagliavo qualche mossa davanti alla difesa, dietro avevo un libero eccezionale come Picchi, che risolveva ogni problema».

Però lei ci mise del suo, non lo neghi.

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«E chi lo nega? Avevo vent'anni, entusiasta, voglioso di giocare nella squadra che l'anno prima avevo visto in tribuna o stando per le prime volte in panchina. Ci misi del mio e modestamente facemmo bene».

Il "suo" sono anche 5 gol in quella stagione, tanti per un mediano arretrato. In totale all'Inter. Per i calciatori come lei si ipotizza questo tipo di rete: palla vagante al limite, zoccolata all'incrocio e ciao.

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«Peccato che si sbagli. O meglio, il gol più importante della mia stagione fu come lo descrive lei: 3 aprile 1966, Milan-Inter, dopo 8 minuti, palla fuori dalla lunetta, dribbling a sinistra e tiro nel sette. E vincemmo 2-1. Degli altri un paio furono addirittura di testa, poi sa, con gente come Corso, Mazzola o Suarez spesso ti arrivavano zuccherini solo da spingere».

Che altro ricorda del campionato della Stella?

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«Che fu combattuto, soprattutto contro Napoli e Bologna. Ma più o meno tenemmo sempre la testa, sull'onda dell'entusiasmo di quel magnifico ciclo di giocatori. Il vero campionato memorabile fu quello del 1970-71, quando ci ribellammo all'allenatore Heriberto Herrera, imponemmo l'arrivo di Invernizzi e rimontammo otto punti al Milan».

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Il primo campionato che vinceste avendo già la Stella sulla maglia

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«Una grandissima gioia anche perché era un riconoscimento che solo la Juve aveva. Ma fu un di più, se posso dire, una certificazione di tutta la storia dell'Inter. Questa Seconda, che sono entusiasta di essere arrivato a vedere, mi sembrava un'ossessione. Probabilmente perché sia noi che il Milan eravamo a 19. Ma il calcio di allora e il calcio di oggi sono non paragonabili in nulla».

Noi tentiamoci. Facendo le debite distinzioni e tutto quel che vuole, chi dei suoi le ricorda uno di oggi?

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«Forse Peirò per certe movenze».

Tentiamo l'intentabile: un Bedin nell'Inter 2023-24 c'è?

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«Direi Barella, per la corsa e la voglia. Ecco, io però segnavo di più».

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