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Il "suo" sono anche 5 gol in quella stagione, tanti per un mediano arretrato. In totale all'Inter. Per i calciatori come lei si ipotizza questo tipo di rete: palla vagante al limite, zoccolata all'incrocio e ciao.
—«Peccato che si sbagli. O meglio, il gol più importante della mia stagione fu come lo descrive lei: 3 aprile 1966, Milan-Inter, dopo 8 minuti, palla fuori dalla lunetta, dribbling a sinistra e tiro nel sette. E vincemmo 2-1. Degli altri un paio furono addirittura di testa, poi sa, con gente come Corso, Mazzola o Suarez spesso ti arrivavano zuccherini solo da spingere».
Che altro ricorda del campionato della Stella?
—«Che fu combattuto, soprattutto contro Napoli e Bologna. Ma più o meno tenemmo sempre la testa, sull'onda dell'entusiasmo di quel magnifico ciclo di giocatori. Il vero campionato memorabile fu quello del 1970-71, quando ci ribellammo all'allenatore Heriberto Herrera, imponemmo l'arrivo di Invernizzi e rimontammo otto punti al Milan».
Il primo campionato che vinceste avendo già la Stella sulla maglia
—«Una grandissima gioia anche perché era un riconoscimento che solo la Juve aveva. Ma fu un di più, se posso dire, una certificazione di tutta la storia dell'Inter. Questa Seconda, che sono entusiasta di essere arrivato a vedere, mi sembrava un'ossessione. Probabilmente perché sia noi che il Milan eravamo a 19. Ma il calcio di allora e il calcio di oggi sono non paragonabili in nulla».
Noi tentiamoci. Facendo le debite distinzioni e tutto quel che vuole, chi dei suoi le ricorda uno di oggi?
—«Forse Peirò per certe movenze».
Tentiamo l'intentabile: un Bedin nell'Inter 2023-24 c'è?
—«Direi Barella, per la corsa e la voglia. Ecco, io però segnavo di più».
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