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Beretta: “Stadi di proprietà , le società  possono farcela. Gli investitori stranieri…”

Il presidente della Lega Serie A, Maurizio Beretta, è intervenuto oggi negli studi di Sky Sport24 e ha parlato tra le tante cose anche degli stadi di proprietà e degli investimenti che potrebbero essere fatti sul calcio italiano da parte di...

Eva A. Provenzano

Il presidente della Lega Serie A, Maurizio Beretta, è intervenuto oggi negli studi di Sky Sport24 e ha parlato tra le tante cose anche degli stadi di proprietà e degli investimenti che potrebbero essere fatti sul calcio italiano da parte di gruppi stranieri. Ecco cosa ha detto:

Per quanto riguarda gli stadi, quanto ci vorrà perché altri seguano il modello Juve?Certamente, come dimostrano i casi di Juventus e Udinese, è possibile farcela da soli. Non è quello che è successo nel caso specifico in Germania, Inghilterra o Spagna, dove comunque sono state investite risorse pubbliche importanti. Noi non abbiamo mai chiesto, perché siamo consapevoli del quadro di finanza pubblica, interventi finanziari a sostegno delle società, ma un quadro certo che consenta tempi, snellimento delle regole e compensazioni per quanto riguarda l’investimento. Crediamo che sia tuttora una ricetta valida e proponibile per la situazione nella quale ci troviamo. Nella scorsa legislatura siamo andati a un passo dal chiudere con l’approvazione definitiva, speriamo che questo percorso riprenda rapidamente con la nuova legislatura.

Perché siamo così poco appetibili per gli investitori stranieri?Io penso sia un problema generale, che va probabilmente oltre il mondo del calcio. Normalmente un investitore ha bisogno di regole certe, di un quadro normativo molto definito, nel quale valutare le sue operazioni di rischio. Se guardiamo agli stadi, ad esempio, questo è quello che oggi di fatto non c’è.

E per quanto riguarda il prodotto calcio italiano, nello specifico?

Nelle condizioni nelle quali operiamo, il prodotto del calcio italiano è un prodotto di grande vertice. Onestamente abbiamo portato squadre nelle fasi finali delle competizioni europee, è un campionato che vede un grande seguito con ascolti televisivi in crescita. Quindi il punto è un problema più generale, dove servono condizioni generali di appetibilità per gli investimenti. Il fatto che ci siano comunque società italiane che sono oggetto di riflessione, di attenzione, di interesse, credo che vada valutato come un elemento positivo, che dimostra come ci sia comunque un patrimonio di valori che esiste e che ha un grande potenziale.

Forse quindi è proprio l’Italia a non essere così tanto appetibile per gli investitori stranieri?

Questo sta nei numeri statistici dei cosiddetti investimenti diretti esteri. Poi anche lì è giusto confrontarsi sempre con i migliori, perché dobbiamo fare questa attività di benchmark, ma è chiaro che se noi vogliamo prendere sempre come riferimento la Germania o la Gran Bretagna, sono paesi che corrono a dei ritmi importanti e nel confronto con la Germania io credo che il calcio, rispetto a tanti altri settori, non sfiguri.

Che reazione ha avuto, in Lega, la proposta del campionato riserve?

Sono due meccanismi diversi: il campionato delle riserve, anche se il termine non mi piace, penso più a un campionato Under 21, è un problema che può essere – con l’autorizzazione della Federazione –sufficientemente facile da realizzare, perché è sostanzialmente nelle mani della Lega e delle sue società. Diversa è l’idea di poter iscrivere le seconde squadre delle squadre di A in campionati diversi, perché servirebbe l’assenso vincolante della Lega di competenza e una forte maggioranza in Consiglio Federale. Ad oggi queste cose non ci sono. Se noi pensiamo a un campionato Under 21, fatto dalle società di Serie A, un campionato autonomo che si aggiunge alle competizioni esistenti e non va a inserirsi  in quelle che ci sono oggi, io penso che sia a portata di mano e lo possiamo fare.

Avete già coinvolto delle società ottenendo la loro adesione...

Sì, c’è un interesse, una disponibilità e credo che su quello non dovremmo avere particolari problemi, dal punto di vista del consenso a livello federale. E certamente non li avremo il giorno in cui si deciderà di andare in questa direzione, non avremo problemi organizzativi  perché siamo in grado di metterlo in piedi senza troppi problemi.

Se le polemiche ci possono anche stare, non ci possono stare invece gli episodi di razzismo...

Su questo c’è un impegno a tutti i livelli che parte dalle grandi istituzioni del mondo del calcio, alla Lega e alle singole società. Il lavoro è costante e vede onestamente molto coinvolte le società, senza riserve. Io penso che naturalmente anche in questa direzione servano campagne, forti elementi di sensibilizzazione e credo anche serva, rivedendo i teppisti prima del derby, un salto di qualità nel sistema sanzionatorio. Bisogna andare a sanzionare in maniera molto severa e molto decisa i singoli responsabili perché oggi troppo spesso questi cori razzisti ricadono in una logica che vede forse un eccesso di responsabilità oggettiva e spesso abbiamo piccole minoranze che usano o possono usare fenomeni veramente odiosi come questi atteggiamenti razzisti come elementi di ricatto nei confronti delle società, che invece sono tutte fortemente impegnate contro questi fenomeni.