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Anche Dimarco ha il Dna nerazzurro, ma le vostre storie sono molto diverse.
«Lui ha fatto tutto il percorso nelle giovanili, ha vinto il torneo di Viareggio con la Primavera e poi è andato in prestito a fare esperienza per qualche stagione. Io a sedici anni sono arrivato in prima squadra, a diciassette ho iniziato a giocare con sempre maggiore continuità e a diciotto ho vinto il Mondiale con l'Italia. Ho iniziato e concluso la carriera con la maglia nerazzurra, mentre lui ha dovuto guadagnarsela con le prestazioni in Serie B, nel campionato svizzero e in Serie A».
Al di là delle carriere diverse, però, vincere con l'Inter per entrambi è stato speciale.
«Secondo me... vale doppio e credo che Dimarco la pensi allo stesso modo. Le sensazioni che provi sono indelebili, quando le cose vanno bene e quando purtroppo vanno... meno bene».
Lei, Dimarco, Ferri, Oriali e Mazzola siete modelli da seguire per i ragazzi che adesso sono nel vivaio.
«Se sei interista e arrivi all'Inter da bambino, indossare la maglia della prima squadra e vincere è il massimo a cui puoi aspirare».
Cosa augura invece a Dimarco?
«Di vincere anche il prossimo Europeo con l'Italia, poi di continuare la sua crescita personale e di squadra con l'Inter. Per me ci sono i presupposti perché Federico si tolga tante altre soddisfazioni in nerazzurro: Inzaghi è bravo e la società è composta da grandi dirigenti che hanno mostrato competenza durante la campagna acquisti, oltre a eleganza e intelligenza nella gestione della stagione. Nessuno è mai caduto in provocazioni e il Dna dell'Inter è venuto fuori».
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