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Bergomi: “Ecco quando è nata la Pazza Inter. Matthaus fuoriclasse, Berti…”

Fabio Alampi

L'ex difensore e capitano nerazzurro ripercorre alcune delle tappe della sua lunga e vincente carriera interista

Dagli studi di Inter TV, Giuseppe Bergomi ha ripercorso alcuni dei successi coquistati nel corso della sua lunga e vincente carriera con la maglia dell'Inter: "La gara di Vienna della Coppa Uefa '90/'91? In quegli anni in Europa qualsiasi partita non era semplice, soprattuto fuori casa. Affrontavamo una squadra con molta fisicità, e le squadre fisiche ci mettevano in difficoltà. Fu una partita durissima. Il ritorno si giocò a Verona: non giocare a San Siro ti toglie qualcosa, ma quella squadra era talmente forte di testa che poteva sopperire anche a questa cosa.

Klinsmann era un tedesco anomalo: caratterialmente era molto solare, viveva il calcio in una maniera diversa. Un grande professionista, ma più leggero rispetto a Matthaus e Brehme. Ti dava tanto in campo, segnava in tutte le maniere, era forte di testa. Per noi è stato un giocatore importante.

In quella Inter, in quel sistema di gioco, che se vogliamo rapportare ai giorni nostri sarebbe un 3-5-2, avevo compiti anche in fase di costruzione, mi allargavo e accompagnavo l'azione. Qualche gol in carriera l'ho fatto, ero utile sulla destra, ma il nostro vero regista era Andy Brehme: destro o sinistro non cambiava nulla, crossava in maniera divina. È stato veramente un giocatore straordinario. Era arrivato insieme a Matthaus, che doveva essere il nostro grande campione e lo è stato, e lui ha dimostrato sul campo di essere un grande calciatore.

La sfida con l'Aston Villa inizio della Pazza Inter? Sì, perchè rimontare un 2-0 a una squadra inglese era quasi impensabile, in quei giorni la critica era pesante. Tante volte tagliavamo pezzi di giornale e li appiccicavamo sulla lavagna. C'era tanta voglia di ribaltare il risultato. Un aneddoto: al mattino, durante una piccola rifinitura, per farvi capire la tensione che c'era, Berti e Mandorlini si sono un po' presi durante il torello. Avvertivi questa tensione. Alla fine è stata una partita che è entrata nella storia. Non pensi mai che possa essere la tua ultima partita, pensi sempre che ce la puoi fare, con l'aiuto del pubblico. Poi è il campo che decide. In quella gara segnò Bianchi: è stato sfortunato nella sua carriera, al suo apice si è fatto male in Nazionale. Mi aiutava tanto, era sempre presente, un ragazzo buono e disponibile che giocava per la squadra. Dopo il suo infortunio non è più tornato come prima. Era un giocatore unico per come stava in campo, come interpretava la partita. E poi aveva qualità: è stato importantissimo. Fece tante belle gare, ma se dobbiamo ricordarne una ricordiamo quella.

La sfida europea con l'Atalanta? Non ho mai amato giocare in Europa contro squadre italiane. L'Aalanta era forte, soprattutto davanti. Fu un turno non facile: 0-0 all'andata, al ritorno ricordo il gol su punizione di Matthaus. Avversario tosto. Il pubblico ci dava tanto, si sentiva una grande atmosfera. San Siro ha il suo fascino, fare risultato da noi era quasi impossibile.

Matthaus era un leader assoluto: è stato il giocatore più importante. Noi avevamo già una squadra buona, con 5-6 ragazzi che giocavano in Nazionale, però per fare il salto di qualità avevamo bisogno del campione che trascinasse tutti noi, e lui lo era. Faceva le due fasi molto bene, aveva una mentalità vincente. Era un trascinatore. E poi le qualità tecniche: il cambio di passo, il tiro in porta, il recupero palla... Sentivi il suo peso dentro lo spogliatoio. Era il leader e noi glielo riconoscevamo. Poi caratterialmente era un po' "particolare"! Noi abbiamo un bel rapporto, il nostro fuoriclasse.

Finale di andata contro la Roma, Coppa Uefa '90/'91: ricordo che prima di quella finale parlai con Arcadio Venturi, secondo del Trap e mio allenatore nelle giovanili. La Roma eliminò in semifinale il Brondby, e gli chiesi "meglio loro o la Roma?". Mi disse "stai tranquillo, noi siamo più forti della Roma". Aveva ragione, e lo dimostrammo sul campo.

Berti? Era quel giocatore che all'interno di una rosa serve sempre. Estroverso, uno che va in campo e ti trascina con i suoi gol, con il suo modo di giocare, era unico. Sapeva fare gol, sapeva difendere, un "tuttocampista": universale, dal carattere esuberante, uno che trascina tutto il gruppo. Un giocatore determinante.

La squadra del Trap poteva fare di più a livello di risultati: siamo sempre stati protagonisti, questa coppa fu importante perchè arrivò dopo tanti anni che non vincevi in Europa. E quella Coppa Uefa era una competizione veramente forte, con le seconde, le terze e le quarte delle nazioni più forti che partecipavano. Arrivare fino in fondo era difficile. Abbiamo fatto degli anni belli.

Finale vinta in stile Inter, vincendo l'andata e soffrendo al ritorno: aspettavamo da tanto questo successo, nel secondo tempo siamo usciti poco lasciando Klinsmann davanti. Era importante vincere, anche attraverso la sofferenza.

Nella mia personale classifica la Coppa Uefa del '91 la metto al secondo posto: al primo metto lo scudetto del '88/'89, è stato il massimo traguardo per me, una cavalcata incredibile. Sono molto legato anche alla Coppa Italia del 1982, il mio primo con l'Inter. Ho vinto tre Coppe Uefa, ma la prima è quella che porto maggiormente nel cuore. Sono nato qui, cresciuto qui, mi sento addosso questa maglia, e quando ottieni certi risultati li vivi in maniera diversa".