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In una lunga intervista per Il Posticipo, Tommaso Berni ripercorre la sua avventura in nerazzurro. L'ex portiere parla anche dell'Inter di Conte e della situazione di Christian Eriksen. "È stato un anno molto strano e particolare per tutti: nonostante questo per me è stato bellissimo. Per me il calcio è stato una grande passione fin da bambino. Ho cominciato a giocare quando avevo nove anni in tutt’altro ruolo. Potevo sognare di giocare qualche partita in più, ma arrivare all’Inter ha significato andare oltre le mie aspettative. Ho compensato il fatto di giocare poco con il raggiungimento di un traguardo che pensavo inarrivabile. I miei sei anni a Milano sono stati un sogno, come lo sono stati i cinque alla Lazio".
"I miei primi anni all’Inter non sono stati facili. Quando ci sono un passaggio di proprietà e una rivoluzione a livello societario serve tempo per costruire qualcosa di solido e concreto. Ogni giocatore che è passato e ogni allenatore che ha lavorato per l’Inter ha dato e ha lasciato qualcosa, nel bene e nel male, a seconda dei risultati ottenuti".
L’avventura di Spalletti all’Inter è stata condizionata dal caso Icardi?
"Secondo me ogni situazione, sia positiva che negativa, non va attribuita ad un singolo episodio. I due anni col mister Luciano sono stati fondamentali: è arrivato il primo comandante che è riuscito a guidare la squadra. I risultati in campo si sono visti: sono arrivati passando per momenti di grande difficoltà. Siamo tornati in Champions dopo tanti anni, una competizione che per l’Inter deve essere la normalità".
De Boer però è sembrato un pesce fuor d’acqua in Italia…
"Non è facile arrivare in una nazione e cercare di imporre le proprie idee e il proprio modo di giocare. De Boer ha carisma e grandissima esperienza, poi è una persona che conta nel mondo del calcio. Quando arrivi in Italia devi imparare una nuova lingua e devi confrontarti con un calcio completamente diverso: non è facile. Da noi non si aspetta tanto tempo, è difficile costruire perché bisogna fare subito risultati".
Eriksen sta vivendo lo stesso problema?
"Secondo me sì. Lo scorso anno ho vissuto lo spogliatoio insieme a Christian e posso affermare che per qualità umane e calcistiche è un top player. Serve un po’ di pazienza. Il suo valore non si discute, anche se logicamente non si può aspettare nessuno in eterno. Non è la prima volta che giocatori importanti arrivano in Italia da campionati stranieri, non fanno bene, poi quando li mandiamo via esplodono all’estero. Se gli verrà data la possibilità di esprimersi, Eriksen sicuramente saprà ripagare tutti quanti".
A proposito di stranieri all’Inter: lei ha lavorato con Lukaku, che tipo di persona è?
"Ho conosciuto un ragazzo di un’umiltà incredibile. Poi Romelu è uno sportivo allucinante, una bestia. Io non sono piccolino, anzi peso parecchio, di fronte a lui mi sono sentito un ragazzino. Ha uno strapotere fisico incredibile, qualità tecniche pazzesche. La sua dote più grande è l’umiltà. Si mette a disposizione, accetta le critiche e vuole migliorarsi sempre. Avevo legato tanto con lui e con tutto lo spogliatoio: l’anno scorso c’era un bellissimo clima. Mi mancano i ragazzi, buttarmi per terra, fare fatica in allenamento".
Quest’estate Conte è stato vicino a lasciare l’Inter?
"Io non ho la televisione in casa da quattro anni, leggo pochissimo i giornali e ho sempre cercato di non cadere nei tranelli che la stampa a volte crea. Personalmente ho sempre creduto che sarebbe rimasto. Conte è un comandante, un allenatore che non abbandona i propri giocatori, ero convinto della sua permanenza. Cosa è successo realmente o cosa potrà accadere non lo so, bisogna parlare con la società".
(Il Posticipo)
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