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Domani sera il Pordenone affronterà l'Inter a San Siro. Nella squadra di Lega Pro, milita anche Emanuele Berrettoni, 36 anni, enfant prodige della Lazio di Eriksson e Mancini (debutto in Champions League a novembre 2000 a Praga), 4 presenze al Meazza contro Inter e Milan con la maglia del Perugia. L’attaccante romano è l’elemento più rappresentativo dei friulani.
«Si, in società sono stati fantastici a metterla sull’ironia. Speriamo che l’abbia presa sul ridere anche Icardi. Altrimenti siamo fregati. Ma penso che tutti abbiano capito lo spirito. Tra me e Icardi non c’è paragone».
Però, ai tempi della Lazio, lei era quotatissimo.
«All’inizio le premesse erano altre. Diciamo che mi avrebbe fatto piacere giocare alle spalle di Icardi perché valorizza ogni passaggio».
Il presidente Lovisa è stato un po’ meno ironico dopo aver sentito la frase di Ausilio sulla favola del Pordenone che deve finire.
«Non penso che il ds nerazzurro volesse offendere nessuno. Ma il nostro presidente è uno tosto. Questa partita è un premio anche per lui che ha preso il Pordenone dieci anni fa in Eccellenza e lo ha portato in alto».
E lei come vive questa vigilia?
«Mi sta passando davanti agli occhi la carriera come in un film. Da ragazzo con la Lazio ho perso uno scudetto Allievi in finale con l'Inter. Penso a quello che avrebbe potuto essere. E’ un regalo poter tornare a San Siro dopo tanta Serie C. Avevo perso la speranza. Quando ho giocato a Milano col Perugia, ero giovane e incosciente. Adesso sono più maturo: vivrò questa serata come un giusto premio».
La città è impazzita?
«Non si parla d’altro. E' il momento più alto nella storia del Pordenone. Chissà quando ricapiterà. Ti ferma per strada gente che normalmente non segue il calcio. E ti dice che verrà a San Siro. Non è uno scherzo portare 3.000 persone da Pordenone a Milano di sera con questo freddo. In Italia solo il calcio è capace di aggregare così. Nessun altro sport ci riesce. Forse ormai non ci riesce nemmeno la politica».
Come potete limitare l’Inter?
«Nell’unico modo che conosciamo: giocando a calcio. Sono le nostre caratteristiche. Non siamo una squadra fisica. Vogliamo fare bella figura. Poi il calcio è strano, ma fino a un certo punto».
Tanti pensano che in Coppa Italia dovrebbe giocare in casa la squadra più debole.
«Seguendo la logica sarebbe giusto. Ma egoisticamente per noi è il regalo più bello andare a Milano. Inoltre dove avremmo potuto mettere i tifosi dell’Inter nel nostro piccolo “Ottavio Bottecchia”? Non ci sarebbero stati nemmeno i nostri. Saremmo comunque dovuti andare a Udine. Allora teniamoci il nostro sogno e andiamo a San Siro».
(Tuttosport)
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