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Nessuno scaramanzia? In mezzo c’è pur sempre il Milan, reduce da 5 ko nei derby…
«Non vorrà farmi parlare del Milan, eh?».
Dell'Inter sì, però: il giocatore simbolo di questo imminente trionfo?
«N.B. ovvero Nicolò Barella come N.B. stava per Nicola Berti nello scudetto dei record del 1989 quando battemmo il Milan ma, soprattutto, il Napoli di Diego Armando Maradona. Avete capito, Maradona eh?».
Barella, perché?
«Perché ha il mio ruolo, la mia mimica, le mie iniziali».
E Lautaro dove lo mettiamo?
«È il capitano perfetto in una squadra perfetta piena zeppa di tanti ottimi giocatori».
Simone Inzaghi raccoglie finalmente il trionfo mancato per due anni e cancella, così, tutti i miei dubbi su di lui?
«Quest’anno è stato perfetto, e anche lo scorso anno. Forse non nel primo».
L’Inter ha un rimpianto: il ko ai rigori contro l’Atletico Madrid, vero?
«Un mese fa ero al Wanda Metropolitano e, lo scorso anno, a Istanbul per la finale contro il City. Due beffe. Poi ho fatto la macumba, risultato: City e Atletico oggi fuori dalla Champions».
Nel 2025 l’Inter merita il trono d’Europa?
«Con City e Real, è sul podio delle squadre più forti del continente».
Più della sua Inter dei record?
«In quel 1989 magico vincemmo con 58 punti e 11 sul Maradonapoli. Capite perché fu un’impresa veramente eccezionale? Eravamo una squadra fortissima».
Ha giocato dieci anni nell’Inter e ha vinto uno scudetto ma indimenticabile, vero?
«Per la verità stavamo per fare il bis nel 1991 ma una partita stregata contro la Sampdoria, con un rigore di Matthaus parato da Pagliuca, consegnò il titolo a Vialli e Mancini. Ma occhio, ho vinto anche coppe Uefa e una Supercoppa che non ritirai».
Prego?
«Ma sì, era inverno, faceva freddo e non la capii molto quella vittoria. Me ne andai».
Lei come viveva derby bollenti come quello di stasera?
«Mi esaltavo, volevo sbranare tutti. Segnai tre gol nelle stracittadine, uno mi fu annullato e ancora oggi mi chiedo il perché».
Il suo compagno di merende, in campo e fuori?
«Aldo Serena, un fratello. In quel 1989 fece 22 gol e tutti pazzeschi».
Pochi mesi fa avete perso un pezzo di quello squadrone: Andy Brehme.
«Un grande giocatore, un amico: l’ultima volta lo vidi alla cena che facciamo spesso dal nostro presidente dell’epoca, Ernesto Pellegrini. Aveva ancora quella zazzera bionda, scherzava, rideva».
In quegli anni lei era famoso per le sue folate in campo, i gol bellissimi (incredibile quello segnato coast-to-coast contro il Bayern) ma anche per le feste che organizzava a casa sua…
«Mi sono, ci siamo divertiti. Erano serate molto fantasiose. Una sera arrivò a casa mia persino Joe Pesci, il divo hollywoodiano premio Oscar per il film di Scorsese Quei bravi ragazzi. Incredibile, no?».
Erano feste piene di belle donne, vero?
«Alt, top secret su questo argomento. Sa cosa diceva l’avvocato Agnelli sull’argomento?».
Che ci sono uomini che parlano ‘di’ donne e donne che parlano ‘con’ le donne…
«Appunto. Io appartengo alla seconda fascia. Con voi giornalisti, bocca cucita su quegli anni. Sono un gentiluomo, diciamo che non ricordo e finiamola lì».
Nicola, come declinare il concetto di Interismo?
«È una filosofia di vita, l’inno Pazza Inter la spiega benissimo. Se non sei un po’ pazzerello non puoi tifare per questi magnifici colori».
Stasera, seriamente, come finirà?
«7-0. E io a guidare il pullman della festa! Ciaoooo!»
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