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Berti (Le Soir): “Belgio un po’ come l’Atalanta. Lukaku top: migliora di anno in anno e…”

Matteo Pifferi

Christophe Berti, direttore del quotidiano belga Le Soir, ha rilasciato un'intervista a Repubblica in vista di Italia-Belgio

Christophe Berti, direttore del quotidiano belga Le Soir, ha rilasciato un'intervista a Repubblica in vista di Italia-Belgio.

«Ho ricevuto una cinquantina di telefonate da quando si è capito che avremmo affrontato l’Italia. Tutti a chiedermi come vedo la partita».

E come la vede? Belgio favorito...

«Sì, ma non strafavorito. Ha di sicuro quattro fuoriclasse, al netto degli acciacchi: Courtois, Lukaku, Hazard, De Bruyne».

E l’Italia non ne ha alcuno.

«Vero, non c’è Pirlo o Del Piero, ma per i belgi il fuoriclasse dell’Italia è l’allenatore Mancini».

Quattro contro uno.

«L’Italia punta sul collettivo. Non è la solita Nazionale. Oggi cerca il possesso palla, è una squadra tatticamente a posto, sa adattarsi agli avversari. E poi il Belgio ha qualche punto debole. La difesa, per esempio: sono tutti giocatori avanti negli anni, anche se dimostrano di cavarsela».

In compenso c’è l’attacco, l’interista Lukaku appunto. È oggi il centravanti più forte del mondo?

«Sicuramente è fra i migliori. Io lo conosco bene, lo seguivo fin da quando, sedicenne, giocava nell’Anderlecht. È uno che, al di là della potenza fisica, migliora di anno in anno sia da un punto di vista tattico che di gestione delle emozioni, lite con Ibra a parte. Ha una gran forza di carattere».

È il simbolo del Belgio, di una squadra che prima non andava al Mondiale e poi all’improvviso è esplosa. Che cosa ha determinato la svolta?

«La storia, prima di tutto. Quando nel calcio i soldi contavano un po’ meno, il Belgio era una discreta squadra. Lo dimostra la finale europea del 1980. Poi, di fronte al sempre maggiore peso della finanza nel mondo del pallone, ha rischiato di venire schiacciato. I suoi club non potevano acquistare Ronaldo o Messi. Così si è deciso di puntare sui vivai, in particolare su due scuole per giovani: Genk e Anderlecht. Da qui sono sbocciati i fuoriclasse di oggi e molti altri giocatori poi acquistati da grandi società, dove sono diventati determinanti tanto da riportare la loro esperienza anche in nazionale. Tra Mondiali e Europei, dal 2014 il Belgio ha almeno sempre raggiunto i quarti di finale. Questa è la quarta volta. Comunque un successo per un Paese che attinge ad un bacino di popolazione di gran lunga inferiore rispetto a quelli di altre nazioni».

Però, c’è un però?

«Manca la ciliegina sulla torta. E questo torneo, insieme ai prossimi Mondiali, può essere l’occasione buona. Italia permettendo».

Come vede perciò il calcio italiano, decadente o in ripresa?

«Cinque anni fa avrei detto in decadenza. Oggi no, la Juve nonostante l’ultima annata ne è un esempio. Ma penso anche all’Atalanta, al suo calcio veloce: è un po’ come il Belgio».