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Strama c’ha la faccia come il mulo. Batte la Juve a Torino e subito fa la ruota neanche fosse un pavone: «Noi di qua... noi di là...». E poi: «Io di qua... io di là...». L’inizio della fine. Da quel giorno di novembre (ormai parecchi mesi fa), l’Inter e il suo allenatore non ne azzeccano più una: infortuni, gaffes, operazioni di mercato a catafascio, moduli tattici, gestione delle partite, dichiarazioni pre e post gara. Un bel pasticcio con noialtri osservatori a pensare: «A fine stagione Moratti lo fa fuori di sicuro». E lui: «No, lo giustifico. Gli infortuni, la sfortuna... Non può essere giudicato». A dirla tutta la cantilena non c’ha mai convinto del tutto. Inter-Udinese 2-5 dà ragione agli scettici: il patron perde la pazienza e tutti capiscono che Strama ha la valigia pronta. Quindi il teatrino: l’allenatore non allena «perché è influenzato», la società prende tempo, ci si concentra sulla scelta del nuovo mister. In tutto questo bailamme Stramaccioni viene lasciato solo.
Liquidato con una telefonata di Branca. Mister «bene-bene» torna in un angolo vittima dei suoi stessi errori e della sua ostentata faccia di gomma. Un po’ se l’è cercata, certo non merita tutto questo accanimento. Quelli che ora gli danno del «fallito» sono gli stessi che dopo le 10 vittorie di fila lo avevano definito «nuovo-Mou». Il solito gioco del carro e di quelli che scendono e salgono a seconda di come tira il vento. Stramaccioni non era pronto per guidare l’Inter, Stramaccioni ha avuto un’occasione mostruosa, Stramaccioni merita l’esonero. Però c’è modo e modo per fare certe cose. È da questi particolari che si giudica una società.
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