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Boninsegna si racconta al Corriere dello Sport. L'ex attaccante nerazzurro, da sempre tifoso dell'Inter, ha ricordato tra le altre cose come iniziò a giocare a calcio «Un giorno al campetto parrocchiale venne un distinto signore che, dopo avermi visto giocare, mi chiese se mi sarebbe interessato fare un provino con l’Inter. Io, da tifoso nerazzurro, pensai che mi stesse prendendo in giro: certo che mi interessava. Gli diedi l’indirizzo di casa e gli dissi di parlare con mio padre. Lo fece. Andai a due provini. Mi presero, per due anni feci la spola tra Milano e Mantova. Avevo tredici anni. Poi mi dissero che, siccome andavo bene, volevano che mi fermassi a risiedere in foresteria. Ci fu un dramma, in famiglia. Ero figlio unico, ero un bambino. Mia madre non era d’accordo. Ma alla fine, tra le lacrime, cedette. Ma anche io piangevo spesso, mi pesava la solitudine. E allora fuggivo, ogni tanto fuggivo. Vivevo in una stanza con altri ragazzi, c’era anche Bedin tra loro. Pensi che io avrei dovuto esordire in serie A in quella partita tra la Juve di Sivori e i ragazzi della Primavera che l’Inter, per protesta, mandò a giocare invece dei titolari. Ma quel giorno, mentre perdevamo nove a uno e Mazzola segnava il primo gol vero della sua vita, io stavo guardando la campagna, sul treno che mi riportava, fuggiasco, a casa dai miei».
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