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Bordon: “L’Inter, Bersellini e la storia della lattina, vi racconto tutto”

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Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l'ex portiere nerazzurro ricorda la sua carriera

Gianni Pampinella

Un sondaggio dei tifosi interisti ha inserito Ivano Bordon nella Hall of Fame dei migliori di sempre, assieme a Zenga, Toldo, Pagliuca e Julio Cesar. Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, l'ex portiere nerazzurro commenta così la scelta dei tifosi: "Sì, fa piacere. Vuol dire che ho lasciato buoni ricordi, a Milano e a Genova. Il calcio è stato la mia vita. Ho dato molto, ho avuto molto e mi arrivano ancora riflessi da un passato che non potrò mai dimenticare. Sono partito da Marghera e sono arrivato sulle cime più alte. Con l’Inter, con la Samp, con le Nazionali. Anche quella Militare…".

Diciotto campionati di Serie A, solo Inter e Samp. Solo due squadre e un debutto da predestinato. Nel derby con il Milan.

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"Beh, insomma non è stato un grande esordio. Avevo diciannove anni, sono entrato nel secondo tempo al posto di Lido Vieri, il mio maestro, sull’1-0 per loro. Ne ho presi altri due, ma poi abbiamo vinto lo scudetto. Dopo il derby hanno esonerato Heriberto Herrera ed è arrivato Giovanni Invernizzi. Ho giocato solo nove partite, ma ero in campo a Catania nel giorno del sorpasso sul Milan".

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Il paraguaiano Heriberto. Un allenatore molto discusso. Che tipo era?

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"Particolare, diciamo così. Maniaco delle diete, controllava in maniera ossessiva la vita dei giocatori. Ci chiamava a casa alla sera, voleva sapere dove eravamo, cosa facevamo. Io dividevo l’appartamento con Mauro Bellugi. Heriberto telefonava e chiedeva: ‘Tutto bene? Siete in casa? Me passi por favor el Mauro’. Io dicevo: ‘Mister, Mauro è andato giù a buttare la spazzatura’. Non era vero, Bellugi era in giro per gli affari suoi. E Heriberto allora diceva: ‘Bene, se non c’è, multa’. Insomma, non si viveva bene. Poi si era messo contro i senatori della Grande Inter, lasciando fuori rosa Jair e Bedin. L’hanno mandato via e hanno promosso Invernizzi: siamo diventati campioni d’Italia".

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Primo scudetto. Il secondo con Eugenio Bersellini. Lo chiamavano il Sergente. Com’era?

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"Ho un ricordo buonissimo, mi ha dato fiducia e grazie a lui sono arrivato in Nazionale. Grande educatore, duro, poche parole, ma chiaro e onesto. Non guardava in faccia a nessuno. Lavoro, veloci e via. Anche a tavola: non si perde tempo e si mangia in fretta. Dieci minuti e basta. Il mio record è di otto minuti. Lui era sveltissimo, dopo ogni portata mangiava una mela. Ma ci ha insegnato il senso del gruppo e del calcio. E della vita".

È vero che vi diceva sempre: "Voi giocatori siete privilegiati? Gli operai faticano, i contadini faticano…".

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"Sì. Lui veniva dal Parmense, dalla Val di Taro e ci parlava della sua infanzia. Una volta, in pieno inverno, siamo in ritiro ad Appiano e si rompe il riscaldamento. Gli diciamo: ‘Mister, fa un freddo boia, noi andiamo a dormire a casa’. Lui fa una faccia che non ti dico: ‘Cosa? Voi siete dei giocatori con un sacco di vantaggi e benefici. Avete visto il film L’Albero degli zoccoli? Bene, guardatelo e provate a pensare che cosa direbbero quei contadini. Pensate ai loro stenti e ai loro sacrifici per dare da mangiare ai loro poveri figli. Non se ne parla, una coperta in più e buonanotte’".

Quante volte l’avrà raccontata la storia della lattina che colpisce Boninsegna, l’Inter che perde 7-1, la partita ripetuta e...

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"E io paro un rigore, facciamo 0-0 e ci qualifichiamo ai quarti. Nel 1971, a Berlino, crocevia della mia storia calcistica. Lì, 35 anni dopo, con la Nazionale ho vinto il mio secondo Mondiale. Ero preparatore dei portieri, del grandissimo Buffon. Quanta gioia…".

(Gazzetta dello Sport)

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