LEGGI ANCHE
Non controllano?
—«Da molti anni il calcio non ha una guida che migliori il prodotto. C'è una gestione mercantile. Le istituzioni che governano il calcio sono ormai sono solo dei promoter, organizzatrici di eventi sportivi di popolarità enorme, anche se poi è da vedere quanto lo siano nel tempo. Alcuni di questi eventi producono introiti giganteschi, come i 4 miliardi dell'ultimo Mondiale, ma vengono usati per organizzare altre manifestazioni inutili nel mondo, e in perdita, che servono a garantirsi i voti per la rielezione. E sono tutte rielezioni modello Bielorussia, sempre con candidati unici. Era un po' il metodo di Blatter, solo che da allora nulla è cambiato, anzi adesso il presidente Fifa va a vivere in Qatar... Nessuno si preoccupa dei problemi veri, nessuno controlla più che le regole vengano rispettate, perché controllare non produce voti. Da qui il Far West attuale, che incide sulla formazione dei giovani calciatori e su tutto il sistema».
Quali i problemi principali?
—«In tutti i paesi c'è la regola che impedisce di comprare i mandati di rappresentanza dei giocatori, ma nessuno la fa applicare. Così centinaia di ragazzi vengono avvicinati da aziende di manager che offrono barche di soldi ai genitori per averne la procura, poi li mandano a giocare in giro, ma intanto si creano mostri: un ragazzino con la famiglia che improvvisamente annega nel denaro, e lui che a 18 anni guadagna già quanto ha guadagnato Bruno Conti in carriera, pensa di essere un campione, invece non lo diventerà mai. Pochissimi ci riescono ormai. L'Italia produceva tanti grandi giocatori, ora è ferma da decenni. La Spagna ne sfornava a decine, ora al massimo due o tre. Anche Brasile e Argentina sono in crisi, nemmeno lì si gioca più a pallone per strada, che era la prima e fondamentale maestra del calcio. E vogliamo parlare delle commissioni abnormi, dei "premi alla firma" come quelli al padre di Haaland, che preso due volte 20 milioni per far spostare il figlio da una squadra all'altra? È tutto fuori controllo».
E non ci sono regole finanziarie che tengano, ormai.
—«Ma se le istituzioni del calcio non sono state in grado di mettere una legge che impedisca agli stati sovrani di essere proprietari di squadre di calcio, dove andiamo? È chiaro che uno stato sovrano ha risorse illimitate da investire sul calcio, e se ne infischia di salary cap o fair play finanziario. È un macrofenomeno che andrebbe gestito, invece niente. Anzi, il mondo del calcio implora di ridurre le partite, e invece le aumentano, sia l'Uefa sia la Fifa, che si muovono solo per il consenso e per demagogia».
Ma quindi sta crollando tutto, secondo lei?
—«Il calcio ha ancora una lunga scia di popolarità nelle ultime generazioni, ha uno zoccolo duro, per carità. Ma stanno rovinando tutto. E attenzione, altri sport sono caduti in crisi profonda e non si sono più rialzati. Potrebbe accadere anche al calcio, se continua a essere gestito così».
© RIPRODUZIONE RISERVATA