Della sfida di questa sera all'Olimpico tra Roma e Inter ha parlato l'ex difensore nerazzurro e giallorosso Nicolas Burdisso, intervistato da La Gazzetta dello Sport:
ultimora
Burdisso: “Lautaro pronto per Barça e City, ma rimanga all’Inter. Godin? Punterei su di lui”
L'ex difensore di Inter e Roma ha parlato della sfida di questa sera dell'Olimpico, ma anche del futuro dell'attaccante nerazzurro
Stasera c’è Roma-Inter, è un po’ la sua partita: 5 anni in nerazzurro e 5 in giallorosso.
«Direi una partita infinita, vissuta sempre profondamente. All’Inter giocavo le finali contro la Roma, che era anche l’avversario per lo scudetto. Giocavano un calcio bellissimo, noi eravamo più pragmatici. In giallorosso mi si sono rovesciate le carte, era l’Inter la più forte. Ma tra Roma e Inter erano sempre sfide pesanti, c’era sempre qualcosa in ballo».
Già, tante sfide. Quali quelle che l’hanno emozionata?
«Con l’Inter la Supercoppa del 2008: vincemmo all’ultimo rigore con Zanetti, ma nessuno pensava potesse sbagliare Totti. Fu il primo titolo di Mourinho, alla fine ci disse: “Queste sono le più belle: una partita, un titolo». Con la Roma il 2-1 del 2010, in un Olimpico pazzesco. È l’unico scudetto che abbiamo perso, eravamo primi... Gli altri abbiamo sempre rincorso».
Moratti-Sensi, presidenti di un altro calcio.
«Presidenti vecchia maniera: venivano in allenamento, si facevamo sentire, quando serviva ti davano qualche bastonata. C’era un rapporto familiare, a me piaceva. Sono stato legato a tutti e due. Con Moratti, però, era un rapporto speciale, anche quando sono diventato un avversario».
Oggi ci sono Suning e Pallotta, una dimensione internazionale.
«È l’indirizzo dove sta andando il calcio, va accettato. L’Inter ha saputo organizzarsi con Ausilio, uno molto preparato. E poi ci sono Zanetti che è una figura emblematica e Marotta: esperienza e abilità. Pallotta l’ho vissuto fino al 2014 e posso dire che ha portato una mentalità diversa, più professionale. Roma però è una piazza dove devi sempre fare bene. Non lo so se sia giusto vendere. È una scelta difficile, profonda. Ma Roma è un posto unico per fare calcio e questo lui lo sa».
Il futuro di Lautaro: farebbe bene a restare ancora nell’Inter o è pronto per club come Barcellona e City?
«Lui è già pronto per il grande salto, gli argentini hanno un grado di maturità diverso nella capacità di sapersi adattare ai diversi campionati. Anche se io preferirei vederlo ancora nell’Inter e nel calcio italiano. Giocatori forti come lui sono una risorsa per tutti».
È più bomber Dzeko o Lukaku? Conte, tra l’altro, li vedrebbe bene insieme...
«Sono diversi, ma entrambi potrebbero giocare a squadre invertite. Sia il gioco di Conte sia quello di Fonseca si poggiano tanto sui movimenti dei centravanti. Hanno entrambi forza fisica, tecnica, esperienza e gioco aereo. Se Antonio ha pensato così vuol dire che possono coesistere. Certo, dovrebbe cambiare qualcosa come organizzazione, sono due punte di riferimento. Ma Conte l’ha già fatto alla Juve, con Llorente e Tevez, che non hanno la mobilità di Sanchez o Lautaro».
E perché Godin non ha reso come con l’Atletico Madrid?
«Non sono d’accordo. Forse ha sbagliato qualche partita, ma in generale ho visto il solito Godin. Solo che gioca in un’altra posizione. Ma pochi al mondo hanno le sue letture, io continuerei a puntarci».
Inter e Roma con la difesa a tre, oramai è una moda.
«Penso sia l’unico paese al mondo dove così tante squadre difendono a tre. Fonseca è stato intelligente, ha visto il problema e cambiato, ma senza tradire i principi: l’essere aggressivi, il giocare in verticale e il voler fare sempre la partita».
L’Inter può mettere paura alla fine alla Juve per il titolo?
«Vincere non è mai facile, neanche per uno come Conte che ha questo marchio. Mi piace quello che ha costruito, bisogna continuare su questa linea. Dargli tempo e avere pazienza».
Se dovesse esserci una finale di Europa League Inter-Roma per chi tiferebbe?
«Sarei contento per il calcio italiano e per entrambi i club».
© RIPRODUZIONE RISERVATA