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Come lei la pensano in tanti, visto il coro di no che è arrivato da tutta Europa.
«L’Inghilterra, che ha il campionato più famoso al mondo, ha risposto picche. Subito e in modo netto. La stessa risposta è arrivata dal Bayern Monaco in Germania, dal Psg in Francia, dalla Roma e dall’Inter in Italia e dall’Atletico Madrid in Spagna. Per non parlare di tutti gli altri club (quelli che non erano stati invitati nel progetto originale, ndr ), delle leghe, delle federazioni, della Uefa, della Fifa... Un coro molto negativo rispetto a questo progetto che è stato accolto malissimo. E sinceramente non mi sorprende perché è un qualcosa di contrario allo sport e al merito sportivo. Se la Superlega diventasse realtà, torneremmo indietro di oltre due secoli, quando comandavano i nobili e tutti gli altri che volevano affermarsi all’interno della società erano confinati in basso».
La Figc ha preso una posizione molto dura con il comunicato di giovedì nel quale ha annunciato la difesa dei campionati nazionali e del merito sportivo.
«Sono totalmente d’accordo con quello che il presidente della Federazione Gabriele Gravina ha scritto e approvo al cento per cento la posizione che ha assunto».
La Lega spagnola, invece, è stata molto più risoluta della Serie A. Perché?
«Trovo giusto quello che ha detto Tebas ovvero che questa Superlega non si farà per i prossimi cento anni».
Come si muoveranno adesso Ceferin e i suoi uomini per “difendersi”?
«La Uefa starà ragionando per esaminare ogni aspetto di questa vicenda in maniera approfondita. Magari in futuro potrebbero esserci dei correttivi rispetto al sistema attuale, ma i principi meritocratici del calcio non possono essere messi in discussione da questa Superlega che è totalmente sbagliata. Si vuole eliminare un presunto monopolio dando il lasciapassare a una competizione dove non c’è il merito sportivo. Il mondo si muove, va avanti in una direzione ben precisa e nel calcio si pensa di tornare indietro? Il bello dello sport è che chiunque può giocarsela contro tutti, raggiungere risultati impronosticabili pure se ha di fronte avversari più forti e che dispongono di più soldi».
La Superlega, insomma, secondo lei va contro i principi basilari dello sport e non deve assolutamente diventare realtà.
«Esatto. È anche una questione di rispetto per i tifosi, per coloro che pagano il biglietto allo stadio e hanno il piacere di sognare una sorpresa sul campo contro una grande o la crescita della propria squadra, magari con investimenti giusti fatti dalla proprietà. Chi investe e ha idee, deve potersi affermare. Se ciò non fosse possibile, non sarei mai diventato editore di Rcs, un’azienda che prima del mio arrivo era in forte perdita. A maggior ragione questo deve succedere nello sport, la cosa più democratica che ci sia: lì i raccomandati non esistono, contano solo i risultati e vincono i più bravi. Prendete per esempio l’atletica e i 100 metri: uno può anche essere raccomandato ma se li corre in 11 secondi e gli altri in 10, non lo prende in considerazione nessuno. Introducendo situazioni da parrucconi del ‘700 come questa Superlega, si vorrebbe garantire potere a chi rischia di perderlo o di non averlo assicurato per sempre».
E dell’idea di trasmettere tutte le partite della Superlega gratis, sulla nuova piattaforma Unify, cosa ne pensa?
«Una trovata irrealistica, demagogica e impossibile da realizzare».
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