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Calciopoli, Facchetti: “Tutti tengono famiglia, testimoni si rimangiarono tutto. Io fiero di…”

Le considerazioni del figlio di Giacinto Facchetti, che nel processo di Napoli testimoniò contro il sistema corrotto del calcio

Gianfelice Facchetti non dimentica. Nessuno dovrebbe farlo. Il processo di Calciopoli che portò alla condanna di chi per anni aveva manovrato in maniera sleale il sistema calcio è tornato sotto i riflettori per presunte nuove rivelazioni. Su questo nuovo (ma il sistema è antico) ripescaggio si è espresso il figlio di Giacinto, che in quel processo ha avuto una parte da protagonista: "Me la porto come una medaglia sul petto, una di quelle cose di cui andare orgogliosi: essere stato tra i pochi testimoni ("de relato") nel processo di Napoli che ha portato alla sbarra e condannato, la cricca (i nomi metteteli voi!) che la faceva da padrone nel calcio nostrano. Lo faccio oggi, una volta di più, mentre assisto all'ennesima opportunità offerta di mistificare, buttarla in caciara e mescolare le carte".

"Niente di nuovo sotto il sole in questo strano Paese, dove ci si indigna per 24 ore e poi si dimentica per ricominciare daccapo perché tutti tengono famiglia (i vecchi amici sono sempre pronti a darsi una mano). E' un vizio atavico, smemorati senza cura che siamo, di cosa ci sorprendiamo? Gli scandali tornano puntuali e ciclici perché nel mondo dorato del pallone nessuno ha mai voglia di andare a fondo, oggi come allora. I testimoni diretti a quel tempo si rimangiarono tutto! "E se non mi fanno più allenare?", "E se non mi fanno più scrivere? E se non mi richiamano in TV?"", "E se poi non trovo squadra....?".... Uomini piccoli...dov'eravate? Io c'ero e non dimentico", ha scritto sul suo profilo Instagram Gianfelice, postando la foto della sua testimonianza nel processo di Napoli.