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Capello: “Italia? Ecco quando la svolta negativa”. E lancia un appello agli arbitri

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Le parole dell'ex allenatore: "Siamo fermi a quindici anni fa, al calcio di Guardiola a Barcellona"

Marco Astori

Fabio Capello, ex allenatore, ha concesso un'intervista ai microfoni de Il Messaggero per analizzare la disfatta dell'Italia, che non si qualifica ai Mondiali per la seconda volta consecutiva. Queste le sue parole, in coro a quelle di Arrigo Sacchi: «Ha parlato dei settori giovanili pieni di ragazzi che provengono dall'estero. Ha parlato di supporto alla crescita delle accademie e ha ricordato che non vinciamo un tubo in Europa dal 2010. Sono due aspetti chiave dei problemi attuali. Poi c'è anche il resto, ma la strozzatura del campionato Primavera è una realtà. Si pesca all'estero perché costa poco e perché si preferisce il prodotto quasi finito al processo artigianale».

L'allenatore dell'Under 21, Paolo Nicolato, cinque giorni fa ha lanciato l'allarme: Poco spazio per i giovani in serie A.

«Confermo. Poco spazio in Italia e zero in Europa. La Champions non è solo una vetrina, ma anche un esame di laurea importante. E' in quel contesto che fai il definitivo salto di qualità. Poi però passerei dai giovani a un argomento che mi sta particolarmente a cuore».

Quale?

«Gli arbitri. In Italia fischiano il minimo fallo, dimenticando che il calcio, come dice anche Zoff, è uno sport di contatto. Andate a vedere il tempo effettivo della serie A e paragonatelo a quello inglese. Il gioco è spezzettato. Mancano intensità e ritmi. E infatti quando poi andiamo in Europa, soffriamo. Le nostre squadre non sono abituate a giocare a alta velocità e a intensità costante. Bisogna darsi una regolata: basta con cinquanta interruzioni a partita. E basta anche con i rigorini, altra invenzione italiana. Si concede il rigore, non il rigorino».

Capello: “Italia? Ecco quando la svolta negativa”. E lancia un appello agli arbitri- immagine 2

Settori giovanili invasi dagli stranieri e arbitri protagonisti, ma parliamo anche del gioco proposto nei nostri campionati.

«Siamo fermi a quindici anni fa, al calcio di Guardiola a Barcellona. Copiare quel modello ha fatto comodo a molti per due ragioni: il passaggio a tre metri è una soluzione facile e scarica le responsabilità. Pochi si assumono il rischio della giocata per saltare l'avversario e creare la superiorità numerica. Nel frattempo, Guardiola si è evoluto e propone oggi un altro calcio. Io dico che bisogna guardare alla Germania e a Klopp. Riconquista del pallone e ripartenza veloce. Oggi nel mondo gli allenatori tedeschi spopolano e io credo che sia quello il modello da seguire. La Spagna è un unicum: hanno una tecnica individuale straordinaria, oggi per noi impensabile».

Scendiamo dal generale al particolare: perché la nazionale campione d'Europa otto mesi dopo ha mancato la qualificazione al mondiale? «L'Italia si è giocata il Qatar con i due rigori sbagliati. E' stato quello il momento della svolta in negativo. Abbiamo fallito due volte contro la squadra che ha poi vinto il girone».

Abbiamo pareggiato anche contro Bulgaria e Irlanda del Nord: la frenata è stata totale. La storia del nostro calcio forse qualcosa avrebbe dovuto insegnare: dopo un trionfo, sprofondiamo.

«L'europeo è stato una parentesi meravigliosa. L'Italia ha giocato bene e meritato il titolo. Ci siamo ritrovati a corto di preparazione a settembre e scarichi a marzo: dobbiamo tenere conto anche di queste cose. Poteva essere fatta forse qualche scelta diversa, ma il materiale è questo».

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