«Lo è sempre stata, ma negli ultimi anni questo paradosso, sintetizzabile nella nota formula “no taxation without representation”, ha mostrato tutti i suoi effetti dannosi. La serie A, oltre a contribuire allo stato con 1 miliardo di euro annuo in carico fiscale, versa per legge ogni anno a tutto il movimento il 10 per cento dei propri introiti da diritti audiovisivi, ossia 130 milioni di euro, di cui 13 milioni di euro sono destinati direttamente alla Federazione. La mutualità è un bene, sia chiaro, e nessuno vuole ridurla, ma avere organi federali dove la serie A non ha alcun peso è irragionevole».
Fughiamo i dubbi. Ottenere l’autonomia dalla federazione aderendo al modello Premier presterebbe il fianco a possibili contenziosi con Uefa e Fifa?
«No, perché l’emendamento chiarisce che le Leghe sono riconosciute a fini sportivi dalla Federazione e non prevede una loro uscita dal sistema federale o dall’ordinamento sportivo internazionale».
Tutte le società sono concordi nel rivendicare questa necessità?
«Dopo anni di istanze rimaste inascoltate, mesi fa l’assemblea di Serie A ha deciso ben due volte all’unanimità di andare in questa direzione».
Avere organi federali dove la serie A non ha alcun peso è irragionevole: necessario un giusto equilibrio. Ma alla fine, in caso di approvazione dell’emendamento, non trarrebbero beneficio solo i club ricchi della serie A? Si metta nei panni della politica costretta a spiegare all’opinione pubblica che il movimento di base non godrebbe di alcuna agevolazione.
«Ma no! In Federazione il settore professionistico di A e di B è sottorappresentato negli organi. Ciò ha portato spesso a decisioni non equilibrate sulla valorizzazione dei giovani, sulla tutela dei vivai o anche sul calcio femminile. È stata la serie A, per esempio, a voler riformare il campionato Primavera inserendo un obbligo di numero minimo di calciatori convocabili per la nazionale. Un giusto equilibrio dentro gli organi federali, senza mortificare le componenti che alimentano l’intero sistema, ha sempre avuto il solo scopo di migliorare la democrazia e il funzionamento della Figc».
Avviare una rivoluzione con un semplice emendamento non è un metodo poco ortodosso? Non servirebbe una riflessione più approfondita?
«La riflessione era viva da tempo, come confermano sia l’indagine conoscitiva del Senato, da cui l’emendamento ha tratto anche spunto, sia la commissione di giuristi di chiara fama creata dalla Serie A lo scorso aprile. Sono anni che il Parlamento legifera prevalentemente con emendamenti, per lo più a decreti-legge. In questo caso, l’emendamento è un veicolo perfetto perché interviene sul decreto-legge che modifica la legge base dell’ordinamento sportivo italiano»
L’emendamento Mulé è un veicolo perfetto, interviene sul decreto legge che modifica la legge base dell’ordinamento sportivo italiano. Teme ingerenze da parte della federazione nel processo di conversione del decreto in legge? E a Gravina che aveva bollato come ‘provocazione’ la proposta di emendamento cosa replica?
«È una misura per il bene del sistema federale. Servono ora interventi immediati che migliorino il funzionamento delle istituzioni sportive, come tentano già di fare sia il decreto-legge Abodi in discussione, sia l’emendamento dell’On. Mulè».
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