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Luciano Spalletti?
—«È una questione di pertinenza esclusiva della Federcalcio. Se invece mi chiedete un giudizio su Spalletti, è l’allenatore campione d’Italia e a Napoli ha fatto un grande lavoro».
Torniamo al campionato che comincia e a uno dei problemi che lo tormenta: il razzismo.
—«È un tema universale, non solo del calcio, e va combattuto con ogni mezzo. Servono sanzioni e ben venga la proposta degli arbitri di fermare le partite. Ma bisogna partire dalla cultura e dalla scuola, come ha ricordato di recente Thomas Piketty. Per questo abbiamo siglato protocolli con il ministero dell’istruzione e con l’Unar della Presidenza del Consiglio».
Quando lo stadio finirà di essere una «zona franca»?
—«Nella strategia di sostenibilità della serie A, d’intesa con Uefa, la lotta al razzismo riveste un ruolo centrale, come la tutela dell’ambiente. Sapete cosa mi incoraggia? Che le giovani generazioni su questi argomenti mostrano una grande sensibilità».
Rifare gli impianti sportivi è una chimera...
—«Il calcio è lo specchio del Paese. A parte Juve, Udinese, Atalanta e Sassuolo, gli altri sono di gestione pubblica. Ci siamo attivati e offerti di essere mediatori tra le società e le amministrazioni comunali. Stiamo parlando di una priorità. E i ritardi intollerabili».
Il problema è soprattutto politico visto che spesso gli stadi sono ostaggio delle soprintendenze…
—«Abbiamo chiesto aiuto al governo: il ministro Abodi, con cui ho un buonissimo rapporto, sta lavorando per una cabina di regia con tutte le amministrazioni interessate, inclusi i ministeri della cultura e dell’ambiente. I dossier sugli stadi, non sono più di 20, tutti di interesse nazionale. A settembre confidiamo in una accelerazione».
Come procede la trattativa per i diritti tv?
—«Stiamo lavorando nelle difficoltà del contesto post pandemico. Basti pensare che la Premier League ha prolungato per due anni l’attuale contratto. Però ci siamo mossi con anticipo e le società avranno tempo sino alla metà di ottobre per fare tutte le valutazioni».
Cosa ne pensa dell’invasione araba. Anche Mancini sembra attratto…
—«Siamo in un mercato libero e chi ha più risorse cerca di prendere i migliori, ma bisogna evitare distorsioni della concorrenza. Solo la Fifa può intervenire, anche con forme ragionevoli e proporzionate di Salary cap».
Il problema però è urgente e stringente…
—«Sì. Ci sono Paesi fonte e Paesi mercato. L’Italia, nel calcio come nella cultura, è Paese fonte. Per questo è essenziale proseguire a investire sui giovani e sui vivai, come fanno già molte società di serie A. L’Italia deve rimanere produttore di calcio e calciatori».
(Corriere della Sera)
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