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Lungo editoriale di Matteo Marani sulle colonne di Tuttosport. Il giornalista ha parlato così del trattamento dell'Inter nei confronti di Mauro Icardi, collegandolo a quanto accaduto ai tempi di Moratti:
"Per anni abbiamo sentito il ritornello dei tifosi: l’Inter dovrebbe essere una società più severa e meno tollerante con i propri giocatori. Ma alla prima occasione in cui ciò finalmente avviene, grazie alla fermezza di Beppe Marotta, ecco che la scelta non va più bene e che Icardi – sui social e nelle discussioni – diviene un giocatore rimpianto. È evidente che iniziare il ritiro senza un sostituto, costretti a giocare le amichevoli con Esposito o Longo, non sia stata la mossa migliore. Ed è persino legittimo chiedersi se alcuni dei candidati alla sostituzione siano più forti del centravanti argentino, non a caso valutato più di 50 milioni di euro dall’Inter. Ma la scelta di non tenere Icardi ha ragioni distanti dal campo e si sono prodotte nei mesi di tensione tra lui e Spalletti. La presenza ingombrante di Wanda Nara, i ritiri abbandonati, la fascia levata al giocatore: come si poteva ricominciare senza che nulla cambiasse? Poteva forse capitare nell’Inter padronale e un po’ romantica di Moratti, non in quella industriale che sta diventando la creatura di Zhang. Marotta ha fatto finire la stagione e a quel punto ha deciso di cambiare tutto. Dentro Conte e via il vecchio capitano, una linea che proprio il Direttore generale ha voluto esporre in prima persona, in questo modo rivendicandola ancora di più come societaria".
DA MORATTI ALLA JUVENTUS - "Detto che la nostalgia è canaglia, per cui esiste chi vorrebbe la macchina da scrivere al posto dei computer e il jukebox al posto di Spotify, c’è davvero qualcuno che rimpiange i tempi dell’Inter comandata dai giocatori? Quelli dell'eletto Recoba, di Ronaldo, da ultimo degli argentini, con Massimo Moratti a fungere da padre padrone dispensatore di favori e di perdoni. Un giocatore si lamentava del trattamento subito dall’allenatore e correva a cercare conforto dal presidente, il quale interveniva in suo favore. È successo tante volte e in ogni circostanza era una fetta di prestigio che il club perdeva. L’opposto di quanto avveniva nella nemica Juventus, in grado di non fare eccezioni nemmeno per Del Piero.
SOSTEGNO A MAROTTA -"Marotta è stato preso per questo e per questo gli va dato appoggio e sostegno. Anche da parte di quelli che non tifano Inter, ma che in questi anni hanno assistito al potere crescente dei calciatori e, ahinoi, dei loro voraci agenti. I conti del pallone non sono saltati in aria per altri motivi se non per l’esplosione degli ingaggi e delle mediazioni pagate, che si sono mangiati i tantissimi soldi dati dalle televisioni. I calciatori hanno usato in modo totale, spesso spudorato, il loro potere mediatico, mettendo le società con le spalle al muro. Un gioco comandato dai procuratori, abilissimi comunicatori, e che è diventato virale in epoca di social. È bastato che un piccolo like messo o non messo, un capriccio espresso via digital, destabilizzasse il club, obbligato a rincorrere il proprio dipendente per non vedersi attaccare dai tifosi. Nella scelta di Marotta di lasciare fuori Icardi c’è tutto questo e non è un caso che molti sostenitori glielo riconoscano. Non è la vicenda Icardi, è quello che sarà il giorno dopo Icardi a determinarsi nella decisione di oggi. L’Inter vuole essere un club come gli altri, uscire da antiche e superate usanze, e si avvia a costruire il proprio futuro. Sia in campo che come stile di guida. Agnelli, De Laurentiis, Lotito, lo stesso Percassi, sono lì a dimostrare che dove vince la società, vince la squadra. Non è quasi mai il contrario".
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