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CdS – Il male dell’Inter nasce alla fonte. La squadra è assemblata male e…

Il Corriere dello Sport, in edicola oggi, prova ad analizzare il momento delicato in casa Inter

Riccardo Fusato

Il Corriere dello Sport, in edicola oggi, prova ad analizzare il momento delicato in casa Inter: “Ogni partita che passa, il problema dell’Inter sale di livello. All’inizio si poteva pensare che fosse legato alla condizione o alla qualità non eccelsa di qualche giocatore. Ma era troppo superficiale come analisi. Allora abbiamo pensato alla squadra, al concetto di squadra che l’Inter non riusciva a calare dentro di sé. E questa era anche l’idea più diffusa nel club, visto che in 5 mesi, da luglio a novembre, ha affidato la squadra a 4 allenatori diversi. Eppure il problema è rimasto e col passare del tempo e delle gare si è aggravato. Siamo passati, di conseguenza, al terzo livello e forse ci siamo: il problema dell’Inter non è la squadra, ma un passo più in là, è l’organico. E’ stato costruito male come collettivo, non individualmente, e molti osservatori hanno sbagliato a valutarlo, sotto questo profilo, a inizio stagione. L’Inter ha tanti buoni giocatori che non riescono a trovare fra loro una sinergia, una intesa, un legame. Esempi: Kondogbia gioca per conto suo, non può stare con Brozovic e non può stare con Melo; Banega non può muoversi in mezzo alle due ali e le due ali molto spesso non trovano il punto di contatto con i due terzini; dietro Ranocchia e Miranda non fanno una coppia, ma nemmeno Miranda e Murillo avevano convinto; davanti Icardi non sempre è servito nel modo migliore. Ci sono troppi giocatori individualisti, ecco perché uno come Medel (che non è un fenomeno) diventa indispensabile: è uno dei pochi in possesso della visione di squadra. Se, al contrario di quanto cominciamo a pensare dopo aver visto le prime gare di Pioli, il problema fosse solo nella squadra, nel concetto di squadra, allora sarebbe perfino più grave: l’Inter ha preso già 4 allenatori e dunque li avrebbe sbagliati tutti. Ha giocato 20 partite ufficiali, si è schierata con una dozzina di moduli, ha ribaltato il centrocampo, ha cambiato i terzini e i difensori centrali. Le uniche due certezze sono il giocatore più arretrato (Handanovic) e quello più avanzato (Icardi), ma negli altri 80 metri di campo non c’è mai sintonia. Non c’è un regista esatto (ci prova Brozovic, ci prova Medel, ci prova Felipe Melo); non c’è un trequartista puro (Banega ha il piede, ma nel nostro campionato servono anche altre caratteristiche, altra forza: nella Roma, per fare un esempio, in quel ruolo c’è Nainggolan); è stato acquistato per 45 milioni di euro un giocatore come Joao Mario che non ha la capacità di alzare il livello tecnico della squadra e che col Portogallo ha vinto il campionato d’Europa facendosi guidare da William Carvalho, lui sì autentico centrocampista centrale. E quando non ha giocato Carvalho, in quella posizione il ct Santos non ha messo Joao Mario ma una riserva come Danilo. Non si discute Joao Mario come giocatore in assoluto, ma si discute come giocatore in una squadra che non riesce ad assorbire il suo calcio. E viceversa. Hanno messo un pezzo sopra l’altro, non un pezzo accanto all’altro, così è stata costruita l’Inter. Può sembrare un paradosso, ma è come se tutti quei soldi investiti sul mercato dai cinesi avessero alleggerito la responsabilità di chi doveva formare l’organico. Sono arrivati giocatori di livello buono e anche eccellente, ma nessuno si è preoccupato di capire cosa servisse davvero all’Inter. "

(Corriere dello Sport)

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