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Non c’è pace sui pestoni e sembra non esserci una direzione chiara.
«Quando parlo di difformità mi riferisco proprio a quello. Eppure l’anno scorso il designatore disse che il gol dalla distanza di Piccoli, in Milan-Lecce, era da annullare per via del pestone su Thiaw. Si prende come riferimento tutto il piede o mezzo? Un’unghia? E con quale metodo si valuta precisamente l'intensità?».
Secondo la CAN però domenica è stato giusto non assegnare il calcio di rigore a Monza.
«Questa discrepanza tra le singole decisioni non può esserci. Ammetto la discrezionalità solo se c’è qualcosa di scorretto da valutare».
Ammesso che ci sia, che spiegazione si è dato per il contatto Kyriakopoulos-Baldanzi?
«Il mancato rigore è qualcosa che non ha senso perché, oltre al pestone, anche con la gamba viene creato un danno all’avversario da parte del giocatore del Monza. Per tutte le persone di buon senso è calcio di rigore. La verità è che si sta esagerando, gli arbitri cercano di continuo l’auricolare, ma non so cosa cerchino in concreto. L’arbitraggio è fatto di istintività, di ciò che si vede in campo nel momento in cui il pallone sta rotolando. Si è persa la concezione dell’arbitro che decide».
Per quale motivo si è arrivati a questa situazione?
«Ci si dimentica che sbagliare è normale. Cambiare una decisione sbagliata è un atto di coraggio. L’arbitro stesso è sinonimo di coraggio perché è colui che decide. Poi trattandosi di un essere umano, avendo solo una visuale e non essendo un alieno, può anche sbagliare. All’inizio il Var era accompagnato da questa concezione fondamentale. Adesso non si decide più e si aspetta. Magari si aspetta che un altro arbitro veda le immagini al monitor e commetta poi un doppio errore».
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