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Chiellini e le finali di Champions della Juve: “Meglio arrivarci e perdere invece di…”

Matteo Pifferi

Le parole di Chiellini al Corriere dello Sport

Ampia intervista concessa da Giorgio Chiellinial Corriere dello Sport. Il difensore della Juventus ha parlato della ripresa del campionato ma anche dei momenti più difficili con la Juventus:

«Paradossalmente i due settimi posti. Più della serie B. All’epoca ero molto giovane, la mia situazione non era paragonabile a quella dei grandi campioni che avevo accanto. Gente che aveva appena vinto la coppa del mondo o giocato la finale e si ritrovava in B. Avevo ventidue anni appena, la B è stata un’occasione per confermarmi, consolidarmi nella squadra. I due settimi posti sono stati i più brutti perché, tornati in serie A, avevamo ottenuto un terzo, un secondo e c’era la sensazione di riuscire a competere per vincere. Due annate pessime dalle quali abbiamo dovuto sempre ripartire, da lì e nata un’avventura inimmaginabile».

LA MALIZIA - «La malizia è accentuare un contatto, oppure aspettare l’avversario che arriva e spostare la palla all’ultimo per subire il fallo. Quanti giocatori… Di Natale te la faceva vedere fino all’ultimo, poi la spostava all’improvviso, tu mettevi il piede ed era fallo. Così fanno anche i grandi campioni, pensa al rigore di Ronaldo col Genoa: ha aspettato il momento giusto, spostato la palla, intervento del difensore, rigore».

IL CALCIO - «Alla fine è sempre un one to one, mors tua vita mea. Chiamalo come vuoi, ma tra il difensore e l’attaccante è così. Se si rientra nel limite dell’accettabile…».

BUONO - «Io mi reputo un buono, che non significa un santo. Entrare per far male, inammissibile. Mi è capitato di far male a qualcuno e ci son rimasto molto male. L’avversario è un giocatore come te».

RITORNO IN CAMPO - «Ho vissuto tutto con grande calma. Le decisioni affrettate sono sempre sbagliate. Era necessario valutare la curva, i dati, l’evoluzione della pandemia, capire come ci saremmo trovati alla scadenza di fine maggio. Intorno a Pasqua ero pessimista, perché con 6,700 morti al giorno sembrava impossibile pensare al campionato. A inizio maggio sono diventato molto ottimista, anche se quando siamo rientrati a Torino abbiamo avvertito la sensazione di vivere in una città fantasma, senza certezze, la paura di mettere il naso fuori e fare casa-campo. Dal 18, quando hanno riaperto l’Italia, non ho avuto più dubbi. Anzi, uno lo conservo ancora».

QUARANTENA - «La speranza di tutti noi è che venga tolta la quarantena. Le cose sono cambiate radicalmente, a metà maggio si potevano chiedere delle cose, a inizio giugno anche, ma il venti giugno no. Devono togliere questo ostacolo. Il positivo può realisticamente saltar fuori, ci sono mille persone intorno a una squadra, ma altrettanto realisticamente si deve proseguire, la malattia ha un’evoluzione incoraggiante. Certo diventa difficile decidere. Boris Johnson ha detto ai suoi chi se ne frega, prepariamoci a piangere i nostri morti e in seguito ha cambiato strategia, in Svezia sono andati avanti senza ripensamenti. La speranza è che ci permettano di completare la stagione».

FINALI CHAMPIONS - «Però non è facile arrivarci, eh! Meglio arrivare in finale e perderla che fermarsi prima. Io ci sono uscito agli ottavi e nel girone e ti assicuro che è poco divertente».