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Clamoroso Giordania, in sette “disertano”? “Niente Uruguay, che c’andiamo a fare?”

Daniele Mari

AGENZIA INFORMA (CLICCA QUI) – Ora che ne hanno presi cinque davanti al loro pubblico smontando in 90 minuti illusioni e speranze di un intero popolo, non intendono più essere della partita. Sette giocatori della Giordania, maltrattata...

AGENZIA INFORMA (CLICCA QUI) - Ora che ne hanno presi cinque davanti al loro pubblico smontando in 90 minuti illusioni e speranze di un intero popolo, non intendono più essere della partita. Sette giocatori della Giordania, maltrattata mercoledì scorso ad Amman dall’Uruguay di Cavani nel match d’andata dello spareggio per le qualificazioni al Mondiale, ai miracoli non credono affatto. E mortificazione, disagio, tristezza hanno talmente sopraffatto il loro orgoglio che a Montevideo per la gara di ritorno, in programma martedì prossimo, non vogliono andarci. Tanto è inutile.

 Il primo a chiedere di non viaggiare è stato il portiere trentenne Amer Shafee, che ha saltato la gara di andata per squalifica il quale dopo aver assistito alla debacle dei suoi compagni ha preferito tirarsi fuori. Con lui anche giocatori noti in patria come Amer Deeb, Hassan Abdel Fattah,  Bani Yassen, Al Zawahra, Al Saify e Saeed Morjan, alcuni dei quali diventati eroi quel 11 settembre dello scorso anno  quando superarono la più quotata Australia per 2-1 nel girone di qualificazione asiatica, hanno alzato bandiera bianca per evitare brutte figure.

Non è certo un comportamento sportivo per onorare la fine di un avventura comunque storica per la nazionale guidata dall’egiziano Hossam Hassan (l’autore del gol che nel 1989 consentì ai Faraoni di approdare ai Mondiali dopo una assenza di 56 anni). Per molti addetti ai lavori arrivare agli spareggi era per la Giordania il massimo possibile, un po’ come aver vinto il mondiale,  ma evidentemente squadra e tifoseria – nonostante la squadra sia arrivata a questo traguardo per la prima volta nella loro storia – volevano molto di più illudendosi di superare  anche lo scoglio sudamericano. Ma come aveva detto alla vigilia del doppio confronto Badu Vieria, tecnico brasiliano sulla panchina dell’Al-Ramtha e con una lunga esperienza del calcio asiatico e giordano “la sola possibilità che la Giordania possa superare l’Uruguay è racchiusa nella generosità del gioco del calcio”.

 Il team ha accolto la richiesta degli atleti che non intendono imbarcarsi per Montevideo ma la federazione sta cercando di convincerli pretendendo di avere la squadra al completo per il match di martedì al Centenaro. Anche perché presentare una nazionale dimezzata sarebbe uno sgarbo senza precedenti nei confronti del principe Al Hussein, 37 anni, fratello del re e vicepresidente Fifa: a capo della federazione dal 1999, il reale ha cambiato il volto calcistico al paese con una serie di progetti ambiziosi e investimenti mirati: dall’ingaggio di allenatori straieri di esperienza alla fondazione di una federazione per favorire un maggiore confronto tra le altre nazionali fino alla creazione di centri di addestramento e avviamento allo sport e al calcio in particolare (se ne contano 28 nel territorio giordano) per allargare la base coinvolgendo anche le fasce più deboli. Ecco allora che, se non altro per riconoscenza, quei sette giocatori giordani delusi e affranti per il ko subito ad Amman, sono stati invitati a ripensarci.