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Dalle colonne de La Gazzetta dello Sport, il giornalista Paolo Condò si è espresso sul campionato di Inter e Roma: "Il campionato è in fase embrionale - appena tre giornate disputate, Milan e Fiorentina prive di una gara (e viola a punteggio pieno come la sola Juve) - eppure il fuoco della polemica ha già arroventato numerosi ambienti. Di questi, due ci interessano in modo particolare per un discorso di metodo: l’Inter, che ha ripreso fiato vincendo a Bologna dopo una falsa partenza, e la Roma, battuta dal Milan all’ultimo respiro e per questo già contestata. Il prevedibile scatto in avvio della Juventus, che oltre a essere fortissima gode del miglior calendario nelle prime 10 giornate, è la causa principale di certi malumori: si è aperta subito molta luce fra lei e le due squadre citate - ben cinque punti - il che per esempio ha suggerito a Francesco Totti l’uscita sullo scudetto deciso in partenza. Il significato del discorso era in realtà più sottile, e intendeva che di questi tempi qualsiasi squadra sembrerebbe in crisi se paragonata alla Juve; ma sono tempi che si concluderanno, nel senso che i cantieri aperti un po’ ovunque verranno tolti rivelando le squadre realizzate.
Se saranno competitive, e se Spalletti e Di Francesco non ci metteranno troppo evitando che la Juve sparisca oltre l’orizzonte, avremo un campionato. Abbiamo definito «di metodo» il discorso su Inter e Roma perché parte dalla stessa premessa: due formazioni che la scorsa stagione hanno raggiunto il loro obiettivo - la Roma perfino di più, con la spettacolare semifinale di Champions - ma che il mercato ha profondamente cambiato, per non dire stravolto. Ai tempi del calcio «semplice» - quello che molti rimpiangono sognando il ritorno dei vari Borgorosso Football Club (i proprietari «ricchi scemi», per citare la famosa definizione di Giulio Onesti) - la grande società capace di costruire una formazione di valore ritoccava al massimo uno o due pezzi della rosa ogni estate («squadra che vince non si cambia»). C’era il vincolo, i contratti annuali venivano discussi in ritiro («la battaglia del grano»), il sistema era stabile. Ora che il calcio si è molto complicato - ma non si diventa la prima industria dell’intrattenimento mondiale mantenendo una struttura «pane e salame» - a volte diventa fatale dover toccare anche strutture tecniche che hanno funzionato. Non a caso stiamo parlando delle società che quest’anno hanno concluso (la Roma) o quasi (l’Inter) il percorso finanziario di rientro richiesto dall’Uefa.
Detto che il funzionamento delle passate strutture era comunque relativo (la Roma del girone di ritorno è arrivata 4a, l’Inter addirittura 7a), i due club sono giunti a conclusioni di mercato simili attraverso strade diverse. L’Inter, col fiato dell’Uefa sul collo, non ha potuto riscattare due cardini della scorsa primavera come Cancelo e Rafinha, impoverendosi molto (e rafforzando la Juve, che si è giustamente lanciata sul terzino un minuto dopo): scavallato giugno ha varato un mercato di sicura profondità che la renderà migliore, ma soltanto dopo che Spalletti avrà finito di organizzare un organico molto diverso, e quanto ci metterà è un fattore. La Roma, libera da vincoli, si è mossa al contrario: prima gli acquisti, in genere giovani e di talento, poi le cessioni. Dolorosa ma finanziatrice quella di Alisson, prevedibile quella di Strootman (quanto avrebbe giocato?), ovvia quella di Nainggolan, che merita un discorso a parte visto che coinvolge l’altro club in esame. Non si tratta di un affare simmetrico, nel senso che l’Inter ha guadagnato un giocatore super (il Ninja versione Spalletti) mentre la Roma ne ha perso uno normale (il Ninja versione Di Francesco): se Eusebio troverà in tempi ragionevoli i «suoi» super, il gioco sarà valso la candela. Altrimenti no".
(Fonte: La Gazzetta dello Sport 8/9/18)
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