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Condò sull’Inter: “Dirigenti estremamente capaci, Suning esca da questa situazione perchè…”

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"Sono passati due mesi dalla finale di Champions di Istanbul, e dei 23 giocatori dell’Inter a referto quella sera ben 10 non vestono più il nerazzurro"
Matteo Pifferi Redattore 

Ampio editoriale di Paolo Condò sulle colonne di Repubblica. Il giornalista ha parlato così di Inter, ad una settimana dall'inizio del campionato:

"Sono passati due mesi dalla finale di Champions di Istanbul, e dei 23 giocatori dell’Inter a referto quella sera ben 10 non vestono più il nerazzurro. Le dimensioni di questo turnover non sono normali: l’anno scorso il Milan campione si separò da due uomini (Kessie e Romagnoli), la stessa Inter nel 2021 cambiò la serratura di cinque armadietti (Lukaku, Hakimi, Eriksen, Young e Pinamonti), l’ultima Juve scudettata congedò tre figure di peso (Pjanic, Matuidi e Higuain). Dieci cambi raccontano un’altra storia, divisa in diversi filoni: Onana è stato venduto per incassare una super plusvalenza, niente rinnovo a Dzeko per un calcolo costi/ età, Brozovic è stato spinto in Arabia per liberare un posto in rosa e un ingaggio pesante, Skriniar si era da tempo promesso al Psg e Lukaku ha sorpreso tutti — e scandalizzato molti — mollando senza spiegazioni il club che sembrava la sua ragione di vita. Questa varietà di motivi riporta a un disegno complessivo, che è la difesa della competitività malgrado la pesante situazione debitoria. Sta iniziando la terza stagione post-scudetto e il management italiano, da Marotta in giù, si è ormai specializzato negli equilibrismi di mercato necessari per tenere a galla la squadra. L’anno scorso l’ha fatto così bene da arrivare addirittura alla finale di Champions, e nei 90 minuti di Istanbul non si è andati lontano dal paradosso dello spender esagerato — il Manchester City dello sceicco di Abu Dhabi — beffato dal club indebitato. Il che ci dice due cose. La prima è che i dirigenti e Simone Inzaghi sono stati estremamente capaci. La seconda è che la proprietà deve uscire da questa situazione, perché non è detto che ogni anno si riesca a camminare, o addirittura a correre, sul filo"


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"La base di partenza del discorso è che la squadra assemblata per lo scudetto era molto forte, e questo è un merito di Suning. Da lì in poi sono iniziati i guai della proprietà e si è proceduto monetizzando gli Hakimi e surrogandoli con i Dumfries, che non valgono i predecessori ma in questi due anni hanno fatto comunque cose buone. Una mano decisiva l’ha data il folle Chelsea, capace di acquisire Lukaku per 115 milioni e di prestarlo un anno dopo per 8; infine, premi e incassi ottenuti arrivando in fondo alla Champions — 140 milioni — hanno permesso di limitare i sacrifici al solo Onana, visto che le altre sono scelte collegate alla carta d’identità, il parametro più importante quando si vuole mantenere valido nel tempo un instant team. Per incassare dalla vendita di un giocatore lo devi cedere quando è ancora forte, il che provoca rimpianti; ma ragionando in questo modo l’Inter ha commesso un solo errore, che è la mancata cessione di Skriniar la scorsa estate. Viste le circostanze, uno sbaglio ci sta"

"La necessità di immettere talento giovane per mantenere equilibrata l’età media ha portato quest’anno a un acquisto-spot, che è quello di Davide Frattesi. Scacciata la paura che il suo arrivo implicasse la partenza di Barella — sono due giocatori simili — gran parte della stagione gira sul modo in cui Inzaghi riuscirà a farli convivere. In rosa Frattesi ha preso il posto di Brozovic dal punto di vista numerico, non certo tattico: stiamo parlando di un incursore come il sardo, con un senso del gol persino più spiccato. Se entrambi gli azzurri giocheranno mezzala, con Çalhanoglu dietro a dare i tempi, la forza d’urto dell’Inter ne guadagnerà. O forse Inzaghi medita di compensare quel che perde in zona gol senza Lukaku con un aumento della produzione dei centrocampisti, in verità già notevole: l’anno scorso i tre titolari e la prima riserva hanno infilato in campionato la bellezza di 15 gol (Barella 6, Mkhitaryan, Çalhanoglu e Brozovic 3 ciascuno), ma Frattesi da solo è salito fino a 7. L’efficacia di Inzaghi è stata una montagna russa: picchi altissimi a metà settimana, con le due coppe italiane in bacheca e la Champions vissuta da protagonista, a fronte delle famose 12 sconfitte in Serie A, che hanno minato ogni ambizione di andare a prendere il Napoli. È giusto però sottolineare come i periodi dell’Inter siano stati tre e ben distinti. 1) Una mediocre prima parte, piena di ko subiti da altre grandi e riscattati dai quattro punti sottratti al Barcellona, chiave di volta della qualificazione Champions. 2) Un inverno a corrente alternata, con le imprese europee a bilanciare gli svarioni in patria: Inzaghi non è mai stato a un passo dall’esonero, ma a due sì, e più volte. 3) Una primavera travolgente, con tutti i tasselli al loro posto e una serie finale di partite culminata nella sconfitta di Istanbul, ma illuminata prima da undici vittorie in dodici match (e quella che manca è la passerella napoletana). In primavera, dopo il risveglio di Lukaku a Empoli, l’Inter ha trovato un assetto e una velocità da crociera invidiabili. Il suo trio di campioni Bastoni-Barella-Lautaro (con la complicità di Dimarco, most improved player stagionale), ha spinto sull’acceleratore, e la finale di Champions, che si temeva un monologo di Guardiola, è diventata contendibile"

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"Se l’Inter saprà ripartire da Istanbul — e con dieci novità è tutt’altro che automatico — la sua stagione sarà felice. La valenza di Thuram sarà più chiara quando si conoscerà il nome della prima punta (Taremi lo spinge in panchina, Arnautovic chissà), Cuadrado ha certamente ancora qualcosa nel serbatoio, Samardzic è tornato in bilico in queste ore e sarebbe un peccato perderlo, perché aggiunge creatività a un reparto essenzialmente muscolare. Il vero nodo della stagione, che ha come obiettivo naturale lo scudetto e un moderato rinculo Champions (almeno i quarti), riguarda comunque Suning e il prestito del fondo Oaktree in scadenza a maggio: gli interessi lo porteranno attorno ai 350 milioni, e la strategia di rinegoziarlo implica tassi ancora più alti e un debito ulteriormente gonfiato. Prima o dopo la risoluzione con Oaktree — che non sembra disposto a entrare nella gestione come fece Elliott col Milan — l’esigenza di un proprietario forte è ineludibile".

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