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Condò: “Milan fuori dall’alta classifica. Stando ai numeri scudetto tra Juve e Inter”

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Secondo il giornalista il Milan è già fuori dalle prime posizioni dopo questo avvio. Questo il commento su Repubblica
Andrea Della Sala Redattore 

Secondo il giornalista Paolo Condò il Milan è già fuori dalle prime posizioni dopo questo avvio. Questo il commento su Repubblica

Il pareggio di Torino schiaccia la classifica e alleggerisce i primi mal di pancia, evitando di scavare un fossato troppo largo tra chi è scattato bene e chi non ha sentito lo sparo. Contro la prima rivale del suo livello la Juve rallenta il passo, non rischia nulla — è l’unica a non aver ancora subito un gol — ma praticamente nulla crea. Motta è giunto al punto in cui la spinta dei giovani di agosto va arricchita dalla classe dei nuovi acquisti. A impedire alla Juve la fuga è stata la Roma meglio organizzata di quest’avvio, ed era ora: De Rossi deve trovare il modo di far arrivare la palla al pivot Dovbyk, che al momento ne tocca cinque a partita, ed è bastato lo scorcio finale di Koné per intuire che il suo dinamismo potrebbe permettere a Soulé e Dybala di giocare assieme. Soulé dribbla come Dybala non fa più, ma non ne possiede la lucidità nell’ultimo passaggio e nel tiro: in due ne fanno uno, ma uno forte. Sono un lusso, ma anche una necessità.


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La prima pausa fotografa una realtà che è già passata, perché la sospirata chiusura del mercato trasformerà in archeologia tattica molte delle formazioni viste fin qui. Resta di quest’agosto un’eredità interessante. La Juve è in testa con l’Inter a quota 7, e stando ai numeri la questione scudetto riguarderà loro due (e Torino e Udinese, a essere rigorosi) perché soltanto uno degli ultimi dieci campioni d’Italia dopo tre gare aveva meno di 7 punti. Se un mese fa si immaginava il più tradizionale dei tornei, con le tre grandi storiche Inter, Milan e Juventus in corsa per lo scudetto e due possibili outsider in Napoli e Atalanta, il primo tratto di stagione ha sbalzato il Milan dal treno dell’alta classifica. Non è tanto la miseria dei due punti a impressionare — quelli si possono rimontare — quanto le perduranti condizioni della difesa, che viaggia a due gol subiti a partita, molto peggio della già pessima media dell’anno scorso (1.28).

Theo e Leao sono entrati belli arrabbiati, e il gol del 2-2 da loro confezionato (con Abraham, che ha i mezzi per dialogare con i due mammasantissima) è stato il perfetto memento della grande qualità tecnica a disposizione del Milan. La sua via di rinascita. La combinazione Venezia- Liverpool-derby, tutta sul palcoscenico di San Siro, costituirà un voto di fiducia (o meno) della squadra a Fonseca. I segnali non sono tranquilli, nella pausa la società dovrebbe muoversi con cura.

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È rimasta indietro anche l’Atalanta, delle candidate al titolo vere o presunte, ma le sue attenuanti sono serie: ha giocato sempre in trasferta per questioni di stadio e una delle due sconfitte è venuta dall’Inter, che per lei continua a essere un Everest. Senza dirlo apertamente, ma facendolo capire, l’Atalanta quest’anno aveva programmato di lottare per lo scudetto, ma l’ affaire Koopmeiners, quello (rientrato) che ha frenato Lookman e gli infortuni di Scamacca e Scalvini hanno costretto Gasperini a nuovi equilibri. Li troverà, anche perché il club ha fatto molto per surrogare chi per vari motivi è sparito. L’eventuale rientro nel gruppo di testa dipende dal tempo che ci metterà per far emergere un nuovo leader: i nove anni di ciclo hanno avuto tre facce in copertina, Gomez, Ilicic e Koop. Tocca produrne una nuova.

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