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In un editoriale per La Repubblica, Paolo Condò ha parlato della fondazione della Superlega. "Non saremo così ipocriti da dire che si stava meglio quando si stava peggio: così com’è congegnata adesso, con 32 squadre fra le quali quattro iscritte per ciascuno dei quattro campionati più importanti, la Champions League è un torneo magnifico, e nella sua ombra l’Europa League è cresciuta fino ad aggiungere altre serate divertenti al menu settimanale. Ci sono margini di miglioramento ulteriore? Probabilmente sì. Ma non nella direzione sposata da dodici società fra le quali Juventus, Inter e Milan", scrive. E si riferisce in particolare al fatto che i club fissi di questa competizione entrano di diritto ogni anno nel torneo e cancellano quindi il concetto di merito per la partecipazione.
"Considerata la quantità di denaro fiabesca che è stata promessa agli scissionisti, sotto forma di bonus all’ingresso e poi di premi annuali, la piramide del calcio mondiale, già oggi molto ripida, diventerebbe una parete verticale senza appigli: niente più Atalanta, per dire dell’esempio più vicino (due qualificazioni consecutive alla fase a eliminazione diretta della Champions), ma nemmeno Roma, Lazio, Napoli. Oppure Ajax, Porto, Marsiglia, Psv, Benfica: tutti club che la coppa con le grandi orecchie l’hanno vinta, alcuni più volte. Non solo. I club in fuga giocherebbero comunque i campionati nazionali, ma se già i denari della semplice Champions hanno favorito le lunghe dominazioni (Juve, Bayern, Psg), quale competizione potrebbe mai esserci fra chi si porta a casa 300 milioni all’anno e chi 30? ", la riflessione del giornalista.
E parla di altre soluzioni come "razionalizzare i costi, introdurre qualche formula di salary cap, trasformare il Fair play finanziario (peraltro in fase di liquidazione) in un obbligo a redistribuire fra gli altri partecipanti il denaro speso oltre i limiti concordati (luxury tax)".
(Fonte: Repubblica)
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