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Cordoba: “Preferii l’Inter al Real, ecco perchè. 5 maggio? Non eravamo una squadra”

Nella sua autobiografia, dal titolo "Combattere da uomo", Ivan Ramiro Cordoba ha raccontato tutta la sua storia. Alcune anticipazioni svelano la sua scelta di venire all'Inter e ciò che accadde il famoso 5 maggio

Dario Di Noi

"Combattere da uomo" è il titolo che Ivan Ramiro Cordoba ha scelto per raccontare la sua storia, la sua vita e la sua carriera, in un’autobiografia lunga ben 173 pagine. Si parla dei suoi esordi per la squadra di Santuario, del passaggio a Rionegro e poi l’inizio vero, con l’Atletico Nacional de Medellin. Crescendo, Cordoba vestirà poi la maglia della nazionale colombiana e sbarcherà in Argentina, al San Lorenzo, dove l’Inter lo scoverà. Quell’Inter «che arrivò nella sua vita il 27 dicembre del 1999».

Il Corriere dello Sport lo ha intervistato in queste ore, riportando anche alcune anticipazioni sul libro. Nell'autobiografia, Cordoba racconta ad esempio proprio il suo approdo in nerazzurro: «La preferii (l’Inter) al Real Madrid. A condizionare la mia scelta fu la possibilità di giocare accanto a campioni come Ronaldo, Bobo Vieri, Roberto Baggio, Javier Zanetti, Ivan Zamorano, Recoba, Laurent Blanc. Esordio?Atterrai a Malpensa assieme a mia moglie incinta e non ci fu nessuno ad attendermi. Per un disguido l'Inter non fece arrivare nessuna macchina. Era inverno, faceva un freddo pazzesco come mai provai in vita mia. C'era anche la nebbia e noi eravamo lì, da soli e ad un oceano di distanza da casa. Mia moglie aveva come idolo Baggio e fu lei a spingermi verso Milano. Ricordo l'esordio contro il Perugia di Mazzone allo stadio Meazza che, ironia della sorte, era l'unica figurina che non riuscivo a trovare nell’album di figurine dei mondiali di Italia ’90. Avevo tutte le pagine riempite, mi mancava solo quella».

Del 5 maggio, all’interno del libro, l’ex difensore nerazzurro parla così: «Uno dei giorni più tristi della mia vita sportiva. All’Olimpico c'erano in campo undici giocatori che stavano combattendo contro le proprie paure, non eravamo una squadra». Su Calciopoli, poche menzioni ma ben decise: «Una pagina nera che non deve mai essere dimenticata».

(Corriere dello Sport)

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