Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex difensore dell'Inter Ivan Ramiro Cordoba ha parlato della sua nuova esperienza da dirigente al Venezia:
ultimora
Cordoba: “Al Venezia vogliamo il bel gioco. Abbiamo studiato il Barcellona”
Intervistato da La Gazzetta dello Sport, l'ex difensore dell'Inter Ivan Cordoba ha parlato della sua nuova esperienza da dirigente al Venezia
Cordoba, come ci è arrivato al Venezia?
«Grazie a un mio amico architetto americano che vive a Como. Mi ha chiesto se ero ancora impegnato nel calcio. Gli ho risposto che non stavo facendo molto ma che in un futuro mi sarebbe piaciuto lavorare in una realtà seria. Avevo avuto contatti con altre società che non mi avevano convinto. Allora lui mi ha detto: “C’è un club dove ti troveresti molto bene, il Venezia. Conosco il proprietario, sono persone serie”. Il primo pensiero è stato: cavolo, Venezia è un po’ lontana da Como. Da quando ho smesso, ho deciso che la priorità va alla mia famiglia, da giocatore avevo perso troppi momenti con figli e moglie. Poi però ho voluto conoscere Duncan (Niederauer, il presidente, n.d.r.) perché ero molto curioso di come stavano lavorando. Lui mi ha raccontato del progetto, qual era la sua idea e della possibilità di fare qualcosa insieme. E mi ha mostrato tutte le carte del club, senza segreti. A febbraio ci siamo accordati. Così ora mi divido tra Venezia e la famiglia».
Aver fatto il team manager all’Inter l’ha aiutata?
«Beh, sì. Sono nelle doppia veste di socio ma anche responsabile tecnico, cerco di essere operativo e mettere la mia esperienza al servizio della società. E ho sposato la filosofia di questo club che è anche la mia: guardiamo avanti, dunque diamo molta importanza ai giovani. L’obiettivo è di avere un domani una rosa composta per il 30-40 per cento da giocatori formati in casa. Quando abbiamo avuto l’opportunità di avere Isaac, Jordi e Joachim non ci abbiamo pensato due volte a presentare loro il nostro progetto. Che hanno subito accolto con entusiasmo. Tra l’altro il club era già andato a studiare la scuola del Barcellona, per cercare di carpire qualche idea. Ora li abbiamo in casa. Una fortuita coincidenza? Non lo so, credo che le cose nella vita accadano sempre per un motivo».
Ora dagli Allievi alla Prima squadra, tutti con lo stesso gioco?
«Per ora abbiamo pensato alla formazione tecnica, siamo nella fase di osservazione e studio. Poi partiremo con la fase 2, il coordinamento con l’allenatore. Guerrero l’ha detto: non faremo lo stesso gioco del Barcellona, ogni realtà è diversa. Ma ovviamente il collegamento con la prima squadra c’è già, perché si condivide la stessa filosofia, quella di un calcio propositivo. Zanetti ama il bel gioco e non ci rinuncia mai, che stia in B o in A».
Venezia simbolo dell’internazionalità, come città e come squadra, una babele di lingue. Come la sua Inter.
«Ho fatto parte della squadra più internazionale d’Italia e forse d’Europa, vero. Quindi per me non è una cosa strana, anzi se posso contribuire anche su questo aspetto lo faccio più che volentieri. Ma già Zanetti sta facendo un lavoro bellissimo, metterli insieme questi ragazzi e farli rendere così presto non era affatto facile. Anche Paolo Poggi, responsabile dell’area sportiva, il direttore sportivo Mattia Collauto hanno fatto un grandissimo lavoro. Senza dimenticare Menta, il cui scouting è stato importante. Ora ogni giocatore deve metterci del suo: l’unico modo per rendere al massimo in campo è sentirsi prima possibile, come dire, un italiano in più».
© RIPRODUZIONE RISERVATA